Superbonus: occhio agli errori nella CILAS
Non esiste una procedura condivisa per correggere gli errori nella CILAS e la responsabilità della dichiarazione è quasi sempre del committente
Ho presentato la CILAS per accedere al Superbonus a dicembre del 2022. Il tecnico ha erroneamente indicato nel campo F l’ultima SCIA alternativa di frazionamento e cambio destinazione d’uso come titolo abilitativo della costruzione dell’immobile, piuttosto che la licenza di costruire richiesta espressamente dall’art. 119 comma 13-ter del D.L. n. 34/2020 (Decreto Rilancio). In considerazione del fatto che i lavori non sono ancora iniziati, vi chiedo gentilmente se una rettifica del suddetto campo F della CILAS comporterebbe la decadenza del diritto alla cessione del credito. È da ritenersi un errore formale o sostanziale? In caso affermativo, potrei rivalermi sul tecnico?
L’esperto risponde
Il quesito posto dal gentile lettore espone un caso delicato, sul quale mancano riferimenti di prassi espliciti e orientamenti giurisprudenziali.
L’art. 119, co. 13-ter è imperativo nello stabilire che “nella CILA sono attestati gli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile oggetto d’intervento o del provvedimento che ne ha consentito la legittimazione”. Dunque, indicare un titolo diverso da quello che ha legittimato la costruzione (nel caso specifico l’ultima SCIA di frazionamento piuttosto che la licenza a costruire), rappresenta una palese violazione del dettato normativo.
È pur vero, però, che lo stesso co. 13-ter prosegue affermando che: “la decadenza del beneficio fiscale previsto dall’articolo 49 del decreto del Presidente della Re-pubblica n. 380 del 2001 opera esclusivamente nei seguenti casi: a) mancata presentazione della CILA; b) interventi realizzati in difformità dalla CILA; c) assenza dell’attestazione dei dati di cui al secondo pe-riodo; d) non corrispondenza al vero delle attestazioni ai sensi del comma 14”.
Da un lato, quindi, si rileva la violazione degli obblighi imposti dal secondo periodo della norma, ma dall’altro la stessa prevede all’ultimo periodo (punto c) la decadenza dai bonus in caso di “assenza dell’attestazione”. Non è possibile sapere, pertanto, come l’amministrazione si orienterà in casi di questo tipo, nei quali il dato non risulta assente, ma errato.
A parere di chi scrive, si tratta di una “irregolarità” appartenente alla categoria di quelle “che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo” dell’Agenzia delle Entrate, tale perciò da non determinare la decadenza. È evidente, infatti, che il titolo edilizio originario può essere facilmente reperito mediante accesso agli atti in Comune partendo da quello segnalato e andando a ritroso.
Tuttavia, come detto, non esistono pronunciamenti espliciti e dunque, aldilà delle singole opinioni, il dubbio del gentile lettore è più che fondato. Non solo non esistono indicazioni circa la rilevanza o meno dell’errore, ma nemmeno è noto come sanarlo.
Come fare, quindi? Vediamo pro e contro delle opzioni disponibili.
Proseguire con i lavori
Nella speranza che l’errata indicazione del titolo che ha legittimato la costruzione venga considerata “meramente formale” e quindi sanabile “a richiesta”, la strada più agevole da percorrere è quella della prosecuzione dei lavori. Ma non è esente da inconvenienti.
Le Entrate potrebbero infatti emanare documenti di prassi in senso opposto, magari riferiti a casistiche più estreme di quella che interessa il lettore, ma che comunque rappresenterebbero delle linee guida da non ignorare. Oppure, ipotesi più probabile, l’irregolarità potrebbe diventare ostativa in fase di verifica della pratica da parte dell’advisor bancario per la cessione del credito o in fase di apposizione del visto di conformità fiscale. Sempre che il problema non venga taciuto dal contribuente che, è giusto ricordarlo, è il responsabile della dichiarazione, come vedremo nel proseguo.
Rettificare la CILAS
Il lettore potrebbe invece effettuare una rettifica limitata al campo F della CILAS. Ma come?
Non esiste una procedura in tal senso. Secondo alcuni, è sufficiente l’invio di una pec al Comune competente, allegando una relazione volta a spiegare l’errore, ma si tratta di una procedura che, seppure tacitamente accettata da alcuni uffici comunali, non ha alcun fondamento giuridico che giustifichi l’effettiva validità di modifiche di atti ufficiali pregressi. Quindi resta il dubbio della possibilità che, in caso di controlli, la procedura possa essere contestata.
Presentare una variante
A parere di chi scrive non è possibile presentare “varianti” per rettificare un dato errato, poiché queste devono riguardare aspetti di natura progettuale. Pur non esistendo nell’ordinamento italiano una definizione univoca di variante, dai riferimenti che si rinvengono all’interno del DPR 380/01 (artt. 22 e 32) nonché nel nuovo codice dei contratti pubblici (Dlgs 36/2023, art. 120), le varianti (sostanziali o meno) sono sempre esplicitamente riferite ai progetti. In ogni momento, cioè, si può modificare il progetto in essere, magari perché sono sopraggiunte nuove esigenze in corso d’opera, ma lo stesso principio non è espresso in relazione ad aspetti di natura compilativa. Tanto più che il DL 11/2023, nel vietare le opzioni alternative di fruizione dei bonus edilizi (sconto in fattura e cessione del credito) ha fatto salvi quei lavori precedenti al 16 febbraio 2023 che subiscano successivamente delle “varianti”, ma anche in questo caso il riferimento normativo è a varianti riferite a progetti (art. 2 bis).
Le responsabilità
Il lettore chiede inoltre lumi sulle responsabilità del professionista che, sembra di capire, si è occupato della compilazione e della presentazione della CILAS.
La questione è ancora una volta complessa. La CILAS, infatti, è un atto sottoscritto unicamente dal “dichiarante”, ovvero dal committente dei lavori (proprietario, comproprietario o altro). In particolare, il quadro F che attesta il titolo che ha legittimato la costruzione dell’immobile rientra tra le dichiarazioni rilasciate sotto la sua responsabilità. Il professionista, dunque, è tenuto a dichiarare solo aspetti di natura progettuale, come la natura dell’intervento (antisismico o di efficientamento energetico) e la conformità del progetto alle norme vigenti.
Pertanto, si può ravvisare una responsabilità del professionista solo dal punto di vista civilistico, ammesso che esista un mandato professionale dal quale si possa evincere che la sua attività era anche volta a compilare correttamente la CILAS per conto del committente.
In assenza di un riferimento esplicito in tal senso, si ritiene che l’irregolarità in questione non sia ascrivibile alle responsabilità professionali del tecnico.