Superbonus 110% e unifamiliari: la corsa contro il tempo mette a rischio la qualità dei lavori
La spettanza dei benefici fiscali, ormai lo abbiamo imparato a memoria, è strettamente legata al rispetto di precise tempistiche nel sostenimento delle spese. Mentre l’utilizzo delle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito), nel caso di superbonus 110%, fa riferimento ai SAL e, quindi, all’esecuzione dei lavori.
Nel caso delle unifamiliari, per chi ha scavalcato l’ostacolo del 30 settembre 2022 eseguendo il 30% dell’intervento complessivo, la sfida è quella di riuscire a completare tutto entro il 31 dicembre, per poter eseguire il SAL finale e quindi usufruire in pieno del 110%.
Sfida facile da vincere se al 30 settembre è stata eseguita una quota importante dei lavori, ad esempio se l’intervento è arrivato almeno all’ultimazione del grezzo.
Difficile se invece la certificazione dello stato dell’arte al 30 settembre supera di pochi decimali il 30%.
Tre mesi, da ottobre a dicembre, rappresentano infatti un tempo insufficiente se non è stata effettuata una pianificazione dei lavori e, soprattutto, se non sono stati prenotati in tempo i materiali.
Il rischio, in questi casi, è che si inneschino corse disperate per ultimare il cantiere, perdendo di vista la qualità del costruito.
Le scadenze fiscali non si conciliano con i tempi dell’edilizia
Sono frequenti i casi in cui questa “corsa” è già partita. Altrettanto frequenti sono i quesiti che giungono da parte di proprietari che, pur non essendo esperti di edilizia, si sono resi conto che l’impresa sta eseguendo male i lavori.
La situazione è strana.
Da un lato le normative fiscali impongono scadenze estremamente ravvicinate che, se non rispettate, determinano la perdita dei benefici, esponendo imprese e committenti a grandissime delusioni.
Dall’altro le normative edilizie non ammettono semplificazioni procedurali e quindi richiedono tempistiche “ordinarie” e mai brevi.
Per capirlo basta pensare alle modalità di chiusura di una pratica di Sismabonus. Per eseguire lo “stato finale”, che prevede l’asseverazione del direttore dei lavori e del collaudatore statico, è necessario aver eseguito le prove sui materiali strutturali, ad esempio per testare la qualità del calcestruzzo e dell’acciaio. Se non sono disponibili i risultati che, dall’invio dei campioni al laboratorio possono richiedere molti giorni, il cerchio non si chiude, né dal punto di vista tecnico né fiscale.
Il quesito all’esperto
Sono proprietario di un edificio unifamiliare nel quale sono in corso interventi antisismici e di efficientamento energetico che dovrebbero beneficiare del Superbonus 110%. In particolare è stato previsto il rinforzo delle murature e delle fondazioni e, a seguire, il cappotto termico e la sostituzione degli infissi.
Avendo eseguito tutte le opere di rinforzo strutturale durante l’estate, il mio tecnico è riuscito a certificare correttamente l’esecuzione del 32% dei lavori entro il 30 settembre, spostando la scadenza del superbonus al 31 dicembre. Durante il mese di ottobre il cantiere si è fermato per mancanza dei materiali isolanti e dei serramenti ed ora l’impresa, che aveva accettato di operare tramite sconto in fattura, ha ripreso i lavori e sta correndo per terminarli.
Tuttavia mi sto rendendo conto che talune lavorazioni non vengono eseguite a regola d’arte. In particolare le modalità di fissaggio del cappotto termico mi sembrano inadeguate.
Dopo aver letto il vostro articolo dal titolo “Difetti e vizi dell’opera: può decadere la detrazione fiscale?” sono molto indeciso se contestare fin da subito i lavori, con il rischio di un rallentamento nell’esecuzione (e con il rischio di sforare il 31 dicembre), oppure se chiudere un occhio e accettare ciò che mi viene proposto, ma con il rischio di doverli contestare in futuro e perdere, per altra via, i benefici fiscali.
La risposta dell’esperto
La situazione descritta dal gentile lettore non è di semplice soluzione.
Di fronte a problematiche costruttive “palesi”, in condizioni normali sarebbe corretto intervenire tramite il DL, dapprima con un invito informale e poi, se necessario, con un ordine di servizio all’impresa affinché rispetti le prescrizioni contenute nel capitolato e nei progetti, ed esegua le opere a regola d’arte.
In tali casi tuttavia, a fronte di una presa di posizione del DL, i lavori potrebbero effettivamente rallentare, non potendo escludere la nascita di un contenzioso, qualora ad esempio vi siano lavorazioni da correggere.
D’altra parte, come spiegato nell’articolo segnalato dal gentile lettore, accettare oggi lavori mal fatti può determinare un domani la nascita di una causa civile, con tutte le conseguenze del caso.
La risposta al quesito andrebbe dunque contestualizzata nell’ambito delle specifiche problematiche esistenti e dell’entità delle stesse.
Dal testo sembrerebbe che le opere strutturali (che beneficiano del Sismabonus) siano state correttamente eseguite, con problematiche limitate a quelle di efficientamento energetico (cappotto, che beneficia del Ecobonus).
Si pone dunque un problema nel problema, quello di contenere gli effetti di eventuali azioni a tutela del committente solo a una parte dei lavori, cercando di “salvare”, nel caso specifico, almeno i benefici fiscali derivanti dal Sismabonus.
Il rischio è che una contestazione generalizzata, o non sufficientemente documentata, faccia nascere una causa che potrebbe arrivare a mettere in discussione tutte le opere svolte, anche quelle realizzate in modo corretto.
Tornando all’esempio del cappotto, nell’ipotesi in cui un domani, in conseguenza degli errori odierni dovesse verificarsi qualche fenomeno di distacco dei pannelli, i “difensori” (tecnici e legali) dei cappottisti non si faranno problemi a puntare il dito contro la “solidità” del supporto murario, costringendo il CTU ad estendere le proprie indagini anche alle opere di rinforzo della muratura sottostante, verificando ad esempio l’effettiva qualità della malta utilizzata per eseguire l’intonaco armato e mettendo a rischio, in caso di non conformità, la spettanza anche del Sismabonus.
Si ricorda infatti che se il Giudice viene a conoscenza di asseverazioni infedeli o falsi di qualunque tipo, pur nell’ambito di semplici procedimenti civili volti a riconoscere l’entità di danni patrimoniali, non può esimersi dal “trasmettere gli atti” al competente Pubblico Ministero che, di conseguenza, aprirà un fascicolo nei confronti del tecnico sottoscrittore, all’esito del quale potrebbe seguire una segnalazione all’Agenzia delle Entrate.
Nei casi dubbi può essere utile una “Ispezione giudiziale”
Per evitare che i problemi si espandano in modo incontrollabile potrebbe essere utile, qualora vi sia il sospetto di problemi nell’esecuzione delle opere e qualora non si voglia sospendere il cantiere per evitare ritardi, accertare in via preventiva lo stato dei lavori mediante un cosiddetto “accertamento tecnico preventivo”, o “ispezione giudiziale”. Si tratta di un procedimento cautelare che serve a “fotografare” in modo incontestabile lo stato di un manufatto a una certa data. È disciplinato all’art. 696 c.p.c., che recita: “Chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o la condizione di cose, può chiedere, a norma degli articoli 692 e seguenti, che sia disposto un accertamento tecnico o un ispezione giudiziale”.
In tal modo viene precostituita una prova “certa”, poiché redatta da un pubblico ufficiale, che potrà essere utilizzata nel corso di un futuro giudizio per dimostrare il reale stato delle cose a una certa data, prima che la successione delle opere edili porti a una trasformazione irreversibile del manufatto.
Sempre seguendo l’esempio potrà essere richiesto che venga accertata, tramite l’ “accertamento tecnico preventivo”, la modalità di esecuzione del rinforzo murario (ritenuto corretto nel caso specifico), blindando così la spettanza del Sismabonus.
Si tratta di uno strumento giuridico del quale non si può abusare e che va richiesto solo a seguito di una prevalutazione tecnica svota da un proprio consulente di fiducia.