Superbonus 110% e bonus edilizi: occhio alla titolarità dell’immobile
In un settore in cui norme di natura edilizia si intrecciano con disposizioni fiscali, è sempre bene fare molta attenzione quando si procede ad un intervento di recupero del patrimonio edilizio.
Adempimenti, requisiti, orizzonte temporale, limiti di spesa, congruità dei costi sono solo alcuni degli aspetti che il proprietario di un immobile, unitamente al suo tecnico di fiducia, deve valutare con la dovuta cautela.
La domanda alla posta di LavoriPubblici.it
Tra questi aspetti ne troviamo uno ma sul quale occorre fare le attente valutazioni. Ne parliamo rispondendo alla domanda che arriva da Lucia T.
Dovrei effettuare un intervento di Superbonus su un edificio composto da due unità immobiliari di “mia” proprietà. Tuttavia, effettuando una visura catastale, mi sono accorto che una piccola quota di una delle due unità (esattamente una quota pari a 1/10) risulta cointestata a un mio lontano parente.
Vorrei sapere come si può accertare la reale proprietà dell’immobile e, nel caso in cui fosse confermata l’intestazione di una quota a un terzo, vorrei sapere come può essere inquadrato l’edificio, ovvero se si configura un condominio.
Di seguito la mia risposta.
Superbonus 110%, bonus edilizi e titolarità dell’immobile: la risposta dell’esperto
Quando si valuta di ristrutturare un edificio la prima cosa da fare è la verifica della titolarità. Se non si detiene la piena proprietà, infatti, si può andare incontro a problematiche di varia natura, non solo legate ai bonus fiscali, ma anche alla regolarità della pratica edilizia, che presuppone sempre la titolarità dell’immobile da parte di chi la presenta o il consenso degli altri comproprietari.
Il caso descritto dal gentile lettore descrive una situazione che può verificarsi anche per cause che potrebbero risultare ignote al “proprietario” (o presunto tale). Potrebbe trattarsi ad esempio degli effetti di una dichiarazione di successione non volturata, di una trascrizione, o della mancanza di volture di atti.
Ma potrebbe anche trattarsi di un semplice errore contenuto negli atti catastali, la casistica è ampia.
Come fare per accertare la titolarità di un immobile
Il catasto, si sa, non è probante.
Infatti, come suggerisce l’etimologia della parola, il catasto custodisce il censimento degli immobili esistenti sul territorio. Sin dall’origine il suo scopo era quello di individuare i beni ai fini dell’applicazione delle relative imposte, dapprima utilizzando quale parametro di riferimento la consistenza, poi il reddito, sino ad arrivare all’odierna rendita catastale, utilizzata per quantificare le diverse imposte, comprese quelle che si pagano in sede di rogito notarile.
Il catasto, dunque, ha una finalità unicamente di natura tributaria.
Così, per avere la certezza della corretta titolarità di un immobile, è indispensabile procedere alle visure presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari e a controllare l’ultimo ventennio di passaggi di proprietà.
Cos’è la Conservatoria dei registri immobiliari e come funziona
Presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari sono archiviati tutti i documenti che attestano i passaggi di proprietà degli immobili, comprese le ipoteche, i privilegi e i diritti su di essi.
Nella gran parte del territorio italiano vige il sistema della “trascrizione del titolo”, che ha la funzione di rendere opponibile ai terzi il trasferimento, la costituzione o la modificazione di un diritto reale immobiliare. In base all’art. 2671 del codice civile, il notaio o altro pubblico ufficiale che ha ricevuto o autenticato l’atto soggetto a trascrizione ha l’obbligo di curare che questa venga eseguita nel più breve tempo possibile.
Attraverso la consultazione dei Registri (c.d. ispezione ipotecaria) l’interessato può verificare la titolarità dei beni immobili in capo ad un soggetto e la presenza di eventuali trascrizioni pregiudizievoli (ipoteche, pignoramenti, sequestri, domande giudiziali etc) o vincoli a suo carico. La trascrizione è su base personale: ciò significa che le trascrizioni, iscrizioni o annotazioni sono eseguite “a favore” del soggetto che acquista il diritto e “contro” il soggetto che lo perde.
Per essere sicuri della proprietà di un bene occorre pertanto incrociare i dati risultanti dalla visura catastale, che ci indicherà la natura del bene e la sua storia in tema di identificazione con foglio, mappale e subalterno, con i dati risultanti in conservatoria.
Solo nel momento in cui i dati di entrambi i registri (catasto e conservatoria) corrisponderanno, potremo dire di avere un corretto allineamento (tra l’altro condizione attualmente necessaria per procedere ad un atto di trasferimento) ed una certezza sulla titolarità del diritto.
La consultazione dei registri immobiliari è permessa a chiunque ne faccia richiesta, senza che sia necessario dimostrare un interesse legittimo: basta recarsi presso gli Uffici preposti o, se si è professionisti, tramite apposito abbonamento a Banca dati.
Come si effettua una visura in conservatoria
Come nel caso delle visure catastali, anche in conservatoria le ispezioni si possono effettuare utilizzando diversi parametri: persona fisica, persona giuridica, inserendo gli identificativi dell’immobile (foglio e particella) oppure per nota, laddove si conoscano già gli estremi della formalità.
Spesso viene utilizzata la ricerca tramite i dati dell’immobile, ma non è il modo corretto poiché nel tempo la numerazione delle particelle potrebbe avere subito delle variazioni. È invece opportuno procedere con la ricerca c.d. “per nome” (persona fisica/persona giuridica) partendo dall’ultimo nominativo conosciuto, verificare tutte le trascrizioni a favore (atti relativi all’acquisto del diritto) e le trascrizioni/iscrizioni contro (vendite, ipoteche, pignoramenti ecc). Per avere un quadro corretto è opportuno effettuare i controlli nell’ultimo ventennio, ricordando che le ipoteche perdono efficacia, se non rinnovate, in dieci anni.
Effettuare le visure nei vent’anni è fondamentale anche per verificare eventuali provenienze donative, che si ritengono “a rischio” per la possibilità di impugnazione, così come nel caso di eventuali successioni, ove possono esserci azioni a tutela di eventuali eredi lesi o pretermessi.
Un edificio plurifamiliare con una parte in comproprietà è “condominio”?
Il codice civile italiano non offre una definizione del termine “condominio” ma si limita ad elencare, all’articolo 1117 , i beni che lo vanno a comporre, cioè “le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere, che sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piano di un edificio”.
Pertanto il condominio è una particolare forma di comunione nella quale coesistono parti di proprietà esclusiva e parti di proprietà comune.
Per configurare un condominio è dunque sufficiente che vi siano diversi soggetti proprietari che godono in modo esclusivo delle singole unità immobiliari e che “condividono” le parti comuni.
Ad esempio non si configura un condominio nel caso di una villetta in comproprietà tra due o più persone poiché la proprietà è unica, anche se facente capo, per quote, a più soggetti.
Nel caso del quesito si ritiene invece che la quota di proprietà intestata a un terzo (su una sola delle due unità immobiliari) sia sufficiente per configurare un “condominio” stante la pluralità dei soggetti “proprietari”.