Superbonus 110%: come funziona in caso di parziale demolizione di un edificio?
Può capitare, perché no, che un edificio sia troppo grande o che sia stato oggetto di trasformazioni e aggiunte che ne hanno mutato nel tempo la forma originaria.
Così il proprietario potrebbe decidere, nell’ambito di un intervento di ristrutturazione edilizia, di demolirne “un pezzo”. Se gestita nel modo corretto è un’operazione lecita da tutti i punti di vista, sia edilizio e sia strutturale. Per giustificare l’intervento saranno necessari lavori di adeguamento sismico ed energetico, che possono beneficiare dei bonus fiscali vigenti.
Le cose si complicano se lo stesso proprietario, nell’ambito dello stesso intervento di ristrutturazione edilizia, avesse intenzione di non “buttare via” la cubatura demolita ma di volerla utilizzare per costruire un nuovo fabbricato distinto dal precedente. Potrebbe trattarsi ad esempio di una dependance o di un villino autonomo per il figlio.
In tal caso quali bonus fiscali spettano? Possono essere agevolate le spese sostenute per gli interventi effettuati sull’edificio “di partenza”, su quello “di arrivo”, o su entrambi?
È un caso particolare, purtroppo non l’unico, normativamente non affrontato e solo sfiorato da alcune risposte dell’Agenzia delle Entrate.
Demolizione parziale di un edificio
La demolizione parziale di un edificio è un’operazione lecita ma anche delicata, un’amputazione che deve essere fatta con un occhio di riguardo al fabbricato che rimane in piedi poiché, mutando di forma e dimensioni, non è detto che migliori dal punto di vista della sicurezza strutturale.
Ciò avviene in ogni caso in cui la parte oggetto di demolizione risulti strutturalmente continua con quella “superstite”, sia che la “sottrazione” avvenga in senso orizzontale (esempio eliminazione di un garage accorpato), sia che avvenga in senso verticale (esempio riduzione dell’altezza).
Nel primo caso cambia la posizione dei baricentri delle “rigidezze” e quindi cambia anche la risposta sismica, nel secondo caso, pur diminuendo i carichi in fondazione, non è detto che le murature o i pilastri sottostanti “stiano meglio”, poiché cambiano le “eccentricità” e quindi gli stati tensionali dei materiali.
In parole povere serve sempre una pratica sismica per giustificare la demolizione di una parte di un edificio e raramente l’operazione avviene senza opere di rinforzo su ciò che viene mantenuto. Potrebbero servire ad esempio delle contropareti, dei contrafforti, delle cerchiature… Opere che, nell’insieme, si traducono quasi sempre in un intervento di miglioramento sismico che deve essere progettato e depositato presso i competenti uffici regionali dell’ex Genio Civile.
Le spese necessarie per un intervento di questo tipo, sia lato demolizione, sia lato rinforzi e finiture, ove corredato delle necessarie asseverazioni, possono beneficiare del Sismabonus (ordinario o super a seconda della tipologia di edificio, del soggetto beneficiario e della durata dei lavori).
Demolizione parziale di un edificio con recupero della cubatura
Qualora si intenda recuperare la volumetria risultante dalla demolizione per costruire un nuovo fabbricato, anche se nell’ambito del medesimo intervento di ristrutturazione edilizia, dovrà esser fatto, in aggiunta al progetto di recupero dell’esistente, un progetto ad hoc per la nuova struttura, indipendentemente che sia in cemento armato, in muratura, in legno o in altri materiali.
In tal caso non è semplice capire quale detrazione fiscale applicare alle spese sostenute per il nuovo edificio.
Ipotizziamo, per semplicità, che l’immobile oggetto di interventi sia unifamiliare, di proprietà di una persona fisica, che sia composto da una abitazione A/3 e da un magazzino C/2. Inoltre, sempre per semplicità, ipotizziamo che si intenda demolire l’intero C/2 (non riscaldato) e sfruttare la cubatura del C/2 per costruire un piccolo villino nel medesimo lotto.
Se la spesa sostenuta per demolire e ripristinare l’edificio iniziale fosse pari a 50.000euro iva compresa e quella per costruire il nuovo edificio fosse pari a 100.000euro… Quali massimali e quali detrazioni fiscali applicare?
Non vi è dubbio che il “portatore” del massimale di spesa (nell’esempio 96.000euro) sia l’edificio di partenza, oggetto di un intervento antisismico che, come detto, può fruire del 110%.
Quindi ai 50.000euro si può applicare la detrazione massima.
Non si può dire altrettanto per la spesa sostenuta per il nuovo edificio, se non altro perché su di esso non è possibile attestare la riduzione del rischio sismico tra uno “stato ante” e uno “stato post”, avendo già utilizzato tale possibilità per giustificare le trasformazioni dell’edificio di partenza. Diciamo quindi che è un caso non contemplato dal legislatore, in quanto nell’ambito della stessa pratica edilizia è stato previsto di poter effettuare una sola attestazione di riduzione del rischio sismico e, ovviamente, riferita a una sola unità strutturale.
Resta da capire se, dei 100.000euro spesi per costruire l’edificio nuovo, se ne possano detrarre almeno 46.000 (pari a 96.000-50.000) con aliquota 50%.
Riferimenti normativi
Non ci sono riferimenti normativi espliciti in merito alla possibilità di sfruttare la detrazione fiscale appartenente a una unità immobiliare (oggetto di parziale demolizione) e trasferirla in toto o in quota a un nuovo edificio nell’ambito del medesimo progetto di ristrutturazione.
Infatti l’art. 16-bis (Detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici) del Testo unico del 22 dicembre 1986 n. 917 afferma, al comma 1, che “Dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 36 per cento delle spese documentate…, sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi”.
Lo stesso articolo, al successivo punto 1b), viene riferito alle “singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e alle loro pertinenze”.
Ancor più precisamente, al seguente punto 1i), a proposito dell’adozione di misure antisismiche, viene precisato che gli interventi devono essere “realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici”.
I riferimenti “nativi” della detrazione fiscale sono dunque rappresentati:
dall’immobile detenuto dal contribuente “sul quale sono effettuati gli interventi” (comma 1);
dalle “singole unità immobiliari” pertinenze incluse (comma 1 punto b);
dal fatto che gli interventi devono “comprendere interi edifici” (comma 1 punto i).
Riferimenti di prassi
Il tema della demolizione parziale di un edificio effettuata da persona fisica è stato sfiorato in alcune occasioni dall’Agenzia delle Entrate, ma mai con riferimento alla possibilità di trasferire i massimali di Sismabonus su un altro edificio.
Gli interpelli n. 17/2021, 168/2021 e 210/2021 affrontano infatti il tema della “parziale demolizione” ma finalizzata a trasformare l’edificio oggetto di intervento. Confermano che è possibile ristrutturare un edificio demolendolo in parte (ad esempio eliminando le pertinenze ad esso collegate) e fruendo a tal fine anche del Sismabonus 110% per tutte le spese necessarie per le demolizioni e per i necessari ripristini e rinforzi strutturali dell’edificio preesistente.
Demolizione parziale di 2 edifici unifamiliari (vicini ma separati) e loro ricostruzione con ampliamento
Nella recentissima risposta a interpello n. 289/2022, il Fisco si è occupato del caso di una persona fisica unica proprietaria di un complesso immobiliare costituito da 3 edifici, distanti gli uni dagli altri di appena 1.50m e privi di continuità strutturale.
Per due di essi era prevista la parziale demolizione, mentre il terzo era oggetto di un intervento di recupero.
Il quesito riguarda la possibilità di fruire del Superbonus per gli interventi antisismici ed energetici consistenti nel recupero degli edifici esistenti con demolizione parziale e successiva ricostruzione con ampliamento.
La risposta fornita tratta dapprima il tema dei massimali di spesa e conferma, come già era noto, che a nulla conta che gli edifici siano vicini, che siano di un medesimo proprietario e che abbiano gli impianti fognari in comune: devono essere considerati un insieme di unità unifamiliari e pertanto le relative pertinenze (anche se accatastate separatamente) non fanno plafond. Pertanto “qualora l’intervento antisismico riguardi entrambi i corpi di fabbrica” il limite di spesa per sismabonus è pari a 96.000×2=192.000euro.
Prosegue poi affermando, ed anche questo era noto, che nel predetto plafond, il Super Sismabonus spetta anche “per i costi strettamente collegati alla realizzazione e al completamento degli interventi antisismici quali, ad esempio quelli per il rifacimento delle pareti esterne e interne, dei pavimenti, dei soffitti, dell’impianto idraulico ed elettrico necessarie per completare l’intervento nel suo complesso”.
La risposta fornisce utili indicazioni a proposito delle spese inerenti ai lavori ecobonus, ma non dice nulla di esplicito a proposito della possibilità di utilizzare il plafond di partenza per la ricostruzione di un eventuale nuovo edificio, come si potrebbe evincere dal quesito, che parla di “successiva ricostruzione con ampliamento”.
Si limita a precisare che “Nei predetti limiti vanno computate anche le spese riferite agli ulteriori interventi edilizi, diversi da quelli di completamento dell’intervento antisismico, tra cui in linea di principio, quelli di ristrutturazione e miglioramento funzionale dell’autorimessa pertinenziale alle due unità abitative” riportando anche in questo caso la risposta su un terreno già battuto da tempo.