Superbonus 110%: come funziona con le unità collabenti?
La detrazione del 110% prevista dal Superbonus fa gola a tutti ed è diventata un volano per i lavori di ristrutturazione edilizia a costo (quasi) zero.
Superbonus 110%: i beneficiari
Come previsto dall’art. 119, comma 9 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio) e ribadito più di una volta dall’Agenzia delle Entrate, rientrano tra i possibili beneficiari della detrazione:
- persone fisiche che possiedono o detengono l’immobile oggetto dell’intervento, oppure proprietari/comproprietari di edifici costituiti da 2 a 4 unità immobiliari distintamente accatastate;
- condomini;
- Istituti autonomi case popolari (Iacp) o altri enti “in house providing”;
- cooperative di abitazione a proprietà indivisa;
- Onlus, associazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale
- associazioni e società sportive dilettantistiche, limitatamente ai lavori destinati ai soli immobili o parti di immobili adibiti a spogliatoi.
Superbonus: gli interventi trainanti
L’Agenzia delle Entrate ha precisato, inoltre, che gli interventi principali (cd. “interventi trainanti”) per accedere al Superbonus comprendono:
- interventi di isolamento termico sugli involucri;
- sostituzione impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni, su edifici unifamiliari oppure su unità immobiliari di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti;
- interventi antisismici.
Superbonus, categoria abitativa e unità collabenti
L’agevolazione è utilizzabile nel caso in cui gli edifici, alla fine dei lavori, rientrino in categoria abitativa. Un’importante precisazione della quale ho parlato in questo articolo.
Domanda – Nelle ristrutturazioni di centri storici o di edifici rurali spesso ci si imbatte in edifici collabenti. In questo caso, il Superbonus è applicabile oppure no?
“Anzitutto credo sia importante chiarire che un immobile può essere definito “collabente” (categoria catastale F/2) solo quando è privo di autonomia funzionale e potenzialità reddituale, a causa di un notevole stato di deterioramento strutturale e impiantistico. Quindi un edificio collabente non è abitabile né agibile, è il classico rudere e il suo recupero non si risolve con semplici interventi di manutenzione, rendendosi necessarie opere strutturali decisamente più rilevanti.
In effetti la parola “collabente” è il participio presente (utilizzabile anche come aggettivo) del verbo collabire che, secondo il dizionario Treccani, significa “cadere”.
Ho voluto precisarlo perché capita di imbattersi in immobili classificati come F/2 (quindi esenti dal pagamento delle imposte sui fabbricati) ma ben conservati, definiti tali solo per l’assenza di allacci e impianti. Non è quello il caso.
Per tornare alla domanda direi che, senza ombra di dubbio, il Superbonus è precluso agli edifici collabenti essendo riservato esclusivamente agli edifici abitativi (categoria catastale A) e relative pertinenze. A meno di cambi di destinazione d’uso.”
Domanda – Il 110% è la strada più battuta, ma non è sempre percorribile. Ci parli delle alternative da prendere in considerazione.
“Nel caso degli edifici collabenti il 110% è una strada percorribile solo qualora si opti per la demolizione e ricostruzione del rudere e purché dal titolo urbanistico si rilevi in modo chiaro che la demolizione trasformerà l’immobile collabente in una unità abitativa in categoria A. E poi è percorribile solo per quanto riguarda la parte di Sismabonus, in quanto quasi sempre gli edifici collabenti risultano privi di impianti di riscaldamento visibili e quindi l’Ecobonus risulterà applicabile solo per alcune limitate porzioni volumetriche o per niente.
Ma non bisogna dimenticare che esistono anche le detrazioni fiscali ordinarie. Ad esempio nessun problema per ristrutturare un immobile collabente sfruttando il Sismabonus 70-80% o comunque le detrazioni per ristrutturazione al 50%, cedibili a terzi esattamente come quelle al 110%. Non è il massimo ma è meglio che niente.”
Domanda – Abitabilità vs collabenza. Quali sono i vantaggi di mantenere la seconda condizione?
“Vi racconto un caso che mi è capitato. Un mio cliente possedeva due unità immobiliari in un piccolo borgo di campagna, vecchie case coloniche inutilizzate che, pur essendo divenute inagibili per vetustà dei solai interni, avevano conservato la categoria catastale A e quindi erano a tutti gli effetti delle abitazioni, sulle quali poteva essere applicato il Superbonus. Il proprietario desiderava appunto ristrutturarle per evitarne il crollo… Ma il 110% presuppone di portare i lavori allo stato finito, ovvero gli immobili, alla fine dei lavori, devono essere abitabili/agibili, dotati di allacci e finiture. Se ciò non avviene entro i termini di validità del titolo autorizzativo decade tutto.
Un bel problema, considerando che detti immobili erano privi di impianti di riscaldamento e quindi non poteva essere applicato l’Ecobonus. Avrebbe significato sfruttare due massimali derivanti dal Sismabonus per le parti strutturali, ma mancava il denaro necessario per completare la ristrutturazione dal punto di vista impiantistico e di adeguamento ai requisiti fissati dalla legge 10.
E del resto se i lavori non arrivano al finito decade anche tutto il castello del Sismabonus.
Quindi abbiamo deciso di “declassificare”, prima dell’inizio dei lavori, gli immobili alla categoria F/2 (come ho detto erano pericolanti oltreché privi di utenze) e così facendo è stato possibile effettuare un intervento di messa in sicurezza delle parti strutturali, con rifacimento di tutti i solai e della copertura.
In tal modo, fruendo del Sismabonus ordinario al 80%, abbiamo tamponato la reale esigenza di evitare il crollo di questi fabbricati, che verranno lasciati allo stato grezzo in attesa di completare i lavori un domani, ma avendo sfruttato circa 150000euro di incentivi fiscali che diversamente sarebbero andati persi.”