Se un solaio interno a un singolo appartamento è da rifare, pagano tutti i condòmini
Invece per la manutenzione delle sole finiture superiori e inferiori provvedono i proprietari dei due piani interessati.
Perché la signora Maria, proprietaria dell’appartamento del piano terra di un condominio, dovrebbe pagare in proporzione ai suoi millesimi il rifacimento del solaio interno all’abitazione della signora Antonietta del quinto piano? Non è un concetto semplice nemmeno per gli addetti ai lavori, figurarsi cosa significa discuterlo in assemblea e metterlo ai voti.
Il motivo è che la struttura di quel solaio, pur essendo, di fatto, di proprietà esclusiva, poiché racchiuso nel volume di una singola unità immobiliare, dove magari divide zona giorno e zona notte, rappresenta una parte comune del condominio, con la conseguenza che tutti i partecipanti ne sono comproprietari.
Le ragioni di questo assunto si ricavano intrecciando i principi generali espressi dal Codice Civile, con quelli ingegneristici legati alla “stabilità” del fabbricato. Infatti, sostituire la vera e propria struttura del solaio comporta la demolizione e la ricostruzione delle travi in legno o dei travetti in cemento armato, un’operazione che può avere effetti sull’intero edificio, ed essendo l’aspetto strutturale di interesse della generalità dei proprietari delle singole unità abitative, a sostenere i costi sono tutti i condòmini.
Attenzione però, perché la regola non vale per qualsiasi intervento si effettui su un solaio. Se la sostituzione riguarda solo le finiture superiori e inferiori, cioè, il Codice Civile prevede espressamente al suo art. 1125 la divisione della spesa tra i soli due condòmini i cui appartamenti sono fisicamente interessati dai lavori.
Le parti comuni condominiali
All’interno di un condominio, ogni partecipante vanta un diritto di proprietà esclusiva sul suo appartamento, che è, appunto, solo suo. Ma ciò che rende tale un condominio è il fatto che lo stesso non può dirsi delle zone esterne agli appartamenti.
Su alcune parti, cioè, nessuno dei condòmini ha la proprietà esclusiva, perché servono a ciascuno e nessuno può esserne escluso: la proprietà di tali aree è “di tutti”.
Nel dettaglio, sulle parti comuni ogni singolo condòmino vanta un diritto di proprietà non esclusivo, che vale per le seguenti zone individuate dall’art. 1117 c.c.: 1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune e che rendono dunque esistente lo stabile (suolo, muri maestri, travi, scale, tetti, portoni d’ingresso, cortili, etc.); 2) i locali per i servizi in comune (parcheggio, portineria, lavanderia, etc.); 3) le opere, ma anche installazioni e manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune (ascensori, cisterne, pozzi, impianti idrici, sistema elettrico, etc.). Si tratta, come noto, di un elenco solo parziale.
La ricostruzione di soffitti, volte e solai secondo l’art. 1125 del c.c.
La disposizione dell’art 1125 del c.c. regola nel dettaglio il caso della manutenzione e ricostruzione di soffitti, volte e solai, determinandone la ripartizione delle spese.
In particolare, queste “sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto”.
A prima vista, dunque, potrebbe sembrare che i lavori sul solaio non intacchino la generalità dei condòmini. Tuttavia, a ben guardare la norma si riferisce specificamente al caso in cui siano da sostituire o migliorare le parti del solaio che “toccano” due piani, cioè il pavimento (che interessa il piano superiore) e il soffitto (che racchiude superiormente il piano inferiore).
Lo scenario cambia se i lavori sul solaio riguardano la sua intera sostituzione. In questo caso, infatti, l’intervento va a interessare la stabilità dell’edificio, con la conseguenza che la spesa grava su tutti i condòmini, che dovranno ripartirla tra loro in proporzione ai rispettivi millesimi di proprietà.
Il contributo del solaio sulla stabilità complessiva del fabbricato
L’equilibrio strutturale di una costruzione dipende da una molteplicità di fattori tra loro interrelati. Per le nuove costruzioni, le attuali norme tecniche impongono ai progettisti di effettuare valutazioni numeriche che prendono in esame materiali, dimensioni e carichi agenti, permettendo di “dimensionare” gli elementi strutturali, dalle fondazioni alle travi di copertura.
Eppure, fino a pochi decenni fa non era obbligatorio ricorrere a un ingegnere calcolatore quando si costruiva un edificio, tantomeno se si decideva di modificarlo.
È facile allora capire come una costruzione “datata” abbia un equilibrio stratificato nel tempo, in cui ogni parte ha una precisa funzione statica.
Così, la stabilità delle murature portanti è inevitabilmente influenzata dalla presenza dei solai interni che, con il loro peso e la loro rigidezza (termine ingegneristico che indica l’indeformabilità del piano), contribuiscono a mantenerle integre e a conservare gli equilibri tra terreno e fondazione.
È questo, seppur molto semplificato, il motivo per cui qualunque elemento strutturale che costituisce il corpo di fabbrica (fondazioni, murature, solai, copertura, balconi) è di proprietà (in quanto parte comune) di tutti i partecipanti al condominio.
In altre parole, variare le caratteristiche di questi elementi strutturali (o eliminarli), può intaccare, e potenzialmente peggiorare, le condizioni di stabilità complessive del fabbricato. Che il singolo condòmino sia chiamato a partecipare alle spese rappresenta un onere ma, al tempo stesso, una garanzia: egli potrà infatti esprimere il proprio voto sull’autorizzazione dell’intervento in assemblea, tutelando i suoi interessi.