Ristrutturazione e rivendita immobile: occhio a non perdere le agevolazioni
In alcuni casi l’AdE considera la compravendita attività d’impresa e in tal caso si possono perdere i bonus fiscali. Ma non ci sono pronunce esplicite sul Superbonus.
Il Superbonus e il “vecchio” bonus ristrutturazioni, rispettivamente regolati dall’art. 119 del DL 34/2020 e dall’art. 16-bis del Tuir, sono le uniche agevolazioni “di rango primario” riservate alle sole persone fisiche. Le norme sono chiare infatti nell’escludere le imprese da tali detrazioni. Si pensi al co. 9 dell’art. 119, che elencando i beneficiari del Superbonus cita le “persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione”, mentre l’art. 16 bis del Tuir descrive una detrazione dall’IRPEF, imposta propria delle persone fisiche, e non delle società. Diversamente, l’Ecobonus e il Sismabonus in versione ordinaria, rispettivamente regolati dall’art. 14 e 16 del DL 63/2013, spettano, oltre che alle persone fisiche, anche a soggetti giuridici come le imprese, non essendo queste mai esplicitamente escluse.
Ristrutturare con i bonus e rivendere l’immobile: è un’attività lecita?
Nel caso del Superbonus e del bonus ristrutturazioni, dunque, la chiarezza delle norme e le molteplici risposte dell’Agenzia delle Entrate, rendono evidente che laddove questi siano fruiti da soggetti che, pur essendo persone fisiche, svolgono attività imprenditoriali “di fatto”, si può configurare una fruizione indebita di agevolazioni statali. Bisogna dunque muoversi con attenzione, per evitare spiacevoli conseguenze.
Il quesito
Ho firmato un preliminare per l’acquisto di un appartamento in una palazzina recentemente ristrutturata composta da 4 unità immobiliari. Il venditore è una persona fisica che ha beneficiato del Superbonus, come si desume dalla cartellonistica di cantiere, che ha messo in vendita 3 delle 4 unità, tenendone una per sé.
Solo dopo aver firmato il preliminare mi è stato riferito da un consulente che una persona fisica che beneficia dei bonus edilizi non può rivendere le unità derivanti dall’intervento edilizio agevolato. Vorrei sapere se tale circostanza è vera e, in tal caso, se possono esserci dei rischi per gli acquirenti.
La risposta dell’esperto
Come detto, il Superbonus è un’agevolazione riservata alle persone fisiche. Tuttavia, ciò non impedisce al beneficiario, una volta effettuato l’intervento agevolato, di vendere l’edificio o l’unità immobiliare. La legittimità della vendita di un immobile ristrutturato con Superbonus, infatti, è esplicitamente prevista dal decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 6 agosto 2020. Nel dettaglio, all’art. 9, il DM stabilisce che in caso di trasferimento dell’immobile per atto tra vivi “le relative detrazioni non utilizzate in tutto o in parte dal cedente spettano, salvo diverso accordo tra le parti, per i rimanenti periodi d’imposta, all’acquirente persona fisica dell’unità immobiliare”. In parole povere, non solo il venditore conserva il bonus già fruito, ma l’acquirente, salvo diverse pattuizioni, continua a usufruire delle eventuali rate non ancora utilizzate dal primo beneficiario.
Ma cosa accade se la vendita dell’edificio o, nel caso descritto nel quesito, di ben tre su quattro unità immobiliari, venga considerata dal Fisco come attività imprenditoriale? Ci si troverebbe in questo caso al di fuori dell’ambito di applicazione del Superbonus, cui non possono accedere persone fisiche che svolgano, appunto, un’attività d’impresa.
Al momento non vi sono pronunce esplicite, ma le conseguenze di un simile scenario sarebbero piuttosto gravose. Anzitutto, è verosimile che l’Agenzia contesti la non spettanza (o l’inesistenza) dei crediti fiscali connessi al Superbonus, con aggravio di sanzioni e interessi. La verifica potrebbe andare ben oltre poiché, configurandosi attività immobiliare in senso commerciale, il soggetto che la esercita avrebbe dovuto essere dotato di apposita partita Iva.
Se il caso del quesito rientrasse in una tale fattispecie, non si ritiene tuttavia che questa possa coinvolgere i malcapitati acquirenti, che non sono certamente tenuti a verificare (né potrebbero in alcun modo farlo), le agevolazioni fiscali di cui beneficia il venditore. I gentili lettori, dunque, una volta giunti alla firma del rogito, dovrebbero essere esenti da qualunque problema.
Diverso è il caso in cui il proprietario, resosi conto dei rischi, decida di tornare sui suoi passi optando per la risoluzione del preliminare, dovendo però restituire il doppio della caparra e rimborsare i danni subiti dai promissari acquirenti.
Quando si configura attività d’impresa
Non esiste una regola che permetta di stabilire quando e come si configura attività d’impresa, né di stabilire a priori quale sia il numero di unità immobiliari che possono essere oggetto di compravendita. Nell’esempio una su quattro? Due su quattro? Oppure tre?
Verosimilmente, si può ritenere che la vendita “una tantum” di un edificio ristrutturato (o di un’unità immobiliare) rientri tra le facoltà concesse alle persone fisiche, tanto più se alla base vi siano necessità documentabili. Diverso e ben più “rischioso” sotto il profilo fiscale è invece il caso in cui si decida di ristrutturare un edificio e di venderne sistematicamente più della metà, come nel caso descritto.
La prassi
Le Entrate hanno in molteplici occasioni definito la vendita a terzi di unità immobiliari come attività d’impresa, rispondendo per lo più a quesiti riguardanti la corretta tassazione dell’introito derivante dal negozio. Con l’interpello 152/2020, la vendita di un magazzino ristrutturato da cui il proprietario ha ricavato 3 unità da vendere è stata considerata imprenditoriale in quanto, sulla base di un consolidato orientamento della Cassazione, anche un singolo affare può essere attività d’impresa “in considerazione della sua rilevanza economica e delle operazioni che il suo svolgimento comporta”. Nello stesso senso, l’interpello 426/2019 ha definito imprenditoriale l’ampliamento volumetrico effettuato da un privato con la precisa intenzione di vendere l’immobile. Si legge nel documento che “l’intervento […] risulta finalizzato non al proprio uso o a quello della propria famiglia, bensì alla realizzazione e successiva vendita delle unità […] avvalendosi di un’organizzazione produttiva idonea, e svolgendo un’attività protrattasi nel tempo”.
Sebbene tali pronunciamenti non riguardino direttamente i bonus edilizi, in assenza di pronunciamenti specifici in materia da parte del Fisco sembra che il venditore possa conservare il Superbonus (o trasferirne il residuo all’acquirente) purché l’intervento agevolato non fosse attuato già con l’intenzione di vendere, o purché in linea di massima, la compravendita non sia speculativa o sia comunque contenuta.