Perdita superbonus per colpa dell’impresa: come si stimano i danni?
Se l’impresa non esegue il lavoro in tempo il proprietario subisce un danno, che deve essere quantificato con criteri condivisibili e circostanziati. Una prima sentenza spiega come fare.
Una delle difficoltà che si possono riscontrare quando si è interessati a usufruire del Superbonus, non l’unica per la verità, risiede nella presenza di una fitta rete di scadenze normative da rispettare. Infatti, per i condomini e per gli edifici plurifamiliari, il c.d. Decreto Aiuti-quater (DL 176/2022, art. 9, co. 1, lett. a)) ha stabilito il mantenimento della percentuale di detrazione al 110% fino al 31 dicembre 2022, prevedendo poi il suo progressivo calo: al 90% nel 2023, al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025. Invece per gli edifici unifamiliari (le villette) e per quelli funzionalmente indipendenti che alla data del 30 settembre 2022 abbiano realizzato almeno il 30% dei lavori, il Superbonus terminerà del tutto il 31 dicembre 2023.
Ciò significa, in parole povere, che chi si occupa di realizzare i lavori si trova ad avere una grande responsabilità, quella di terminarli in tempo per assicurare al committente di rientrare nell’aliquota più alta possibile. Tale responsabilità non è solo “morale”, ma è il più delle volte un vero e proprio obbligo contrattuale, in quanto l’appalto stipulato tra impresa esecutrice e committente può prevedere tempistiche precise, proprio nell’ottica esplicita di conseguire il maggior risparmio fiscale.
Ma cosa succede, dunque, se la ditta non rispetta i patti, determinando la fuoriuscita dall’ambito di applicazione dell’aliquota più vantaggiosa, o peggio la totale perdita del Superbonus?
È una domanda che gli operatori si pongono da tempo, considerato che il contenzioso in materia di Superbonus sarà certamente cospicuo, ma che ancora non si è concretizzato in pronunce definitive, dati i tempi della giustizia. Tuttavia, è stata emanata una prima sentenza, che ha il merito di individuare un criterio di quantificazione dei danni patiti da chi si trovi in tale spiacevole situazione.
La prima sentenza sul Superbonus 110%
Il 2 novembre 2023, il Tribunale di Frosinone ha emanato la sentenza n. 1080, che tratta per la prima volta una controversia sorta tra il proprietario di un edificio unifamiliare e la ditta esecutrice dei lavori da egli commissionati, per i quali avrebbe potuto accedere al Superbonus 110%.
Proprio per garantire la fruizione di tale maxi-detrazione, il contratto d’appalto prevedeva che l’impresa avrebbe dovuto terminare i lavori entro una specifica data, in modo da rispettare il richiamato requisito del 30% dei lavori entro il 30 settembre 2022. Ciò, però, non accadeva, comportando la perdita del Superbonus per il proprietario.
Innanzitutto, il giudice riconosce che l’impresa ha messo in atto un grave inadempimento, “concernente la principale ed essenziale obbligazione a suo carico”, non avendo neppure dato inizio ai lavori. Da ciò, per effetto dell’art. 1453 del C.C., dipende la risoluzione del contratto d’appalto, cui consegue l’obbligo in capo all’impresa di riversare al committente quanto già versato a titolo di acconto.
Ma la parte interessante della sentenza riguarda i danni che il proprietario dell’immobile ritiene di avere subito, “provocati dal doloso e grave inadempimento contrattuale […] considerato che il mancato rispetto dei termini stabiliti per la realizzazione dell’opera (tra cui quello del 30.9.2022 ex lege previsto per il completamento del 30% dei lavori) aveva avuto come conseguenza la perdita dell’agevolazione”. Ebbene, il Tribunale di Frosinone riconosce il diritto del committente a vedersi risarcito tale danno, quantificandolo nel caso specifico nel 10% dell’importo previsto nell’appalto, “quale percentuale “minima” del beneficio fiscale andata perduta a causa del verificarsi dell’inadempienza”. Come vedremo, però, il criterio per la prima volta ufficializzato da tale pronuncia ha dovuto “tararsi” sulle particolarità del caso specifico, cosicché il risarcimento, seguendo l’argomentazione del giudice, ben può arrivare a coprire l’intero valore dell’appalto, e non solo il 10%.
Il criterio per la quantificazione del danno
La decisione del Tribunale di liquidare il danno nel 10% del valore dell’appalto è dipesa fondamentalmente dalla mancanza di elementi che potessero provare che davvero il committente ha perso qualsiasi chance di ottenere il Superbonus. Infatti la legge consente l’accesso alla detrazione (seppure nella misura del 90%) anche per le villette che non abbiano terminato il 30% dei lavori entro il 30 settembre 2022, purché il proprietario abbia un reddito familiare medio entro i 15 mila euro e siano adibite ad abitazione principale. Nel caso di specie, in sintesi, “il ricorrente non ha fornito elementi, in particolare sulla propria situazione reddituale, che consentano di escludere la possibilità di accesso a siffatta ridotta agevolazione per un’eventuale nuova pratica di intervento”, con la conseguenza che il giudice non ha potuto riconoscere un risarcimento del danno pari all’intero valore dei lavori appaltati e non eseguiti, come richiesto dall’attore.
Il Tribunale, cioè, ha dovuto “circostanziare” il diritto al risarcimento, commisurandolo a una perdita del Superbonus non assoluta, ma piuttosto limitata allo sfumare della percentuale del 110%, restando ancora teoricamente possibile per il committente (in assenza di prove contrarie) accedere all’aliquota al 90%.
Ciò significa, insomma, che se il proprietario di una villetta è in grado di dimostrare che la mancata fruizione del Superbonus dovuta all’inadempimento dell’impresa è totale, poiché l’immobile non è la sua abitazione principale o poiché il suo reddito supera i limiti di legge, il risarcimento potrebbe ben coprire l’intero prezzo dei lavori. Ciò perché la sentenza in commento considera la perdita da risarcire basandosi sulla quota di prezzo delle opere da realizzarsi che rimane a carico del committente, ovvero la quota che non sarà detraibile per “colpa” dell’impresa.
Altri criteri possibili
Come detto, ma è bene sottolinearlo, quella del Tribunale di Frosinone è la prima di una sicuramente lunga lista di pronunce che verranno emanate in materia. Dunque, giudici diversi potrebbero ragionare diversamente, adottando criteri di quantificazione del danno risarcibile ancor più “larghi”, che possono permettere ai proprietari di vedersi ristorato l’intero valore dell’appalto.
Chiaramente tutto dipende dalla strategia difensiva messa in atto e quindi dagli elementi, anche di natura tecnica, resi disponibili al giudice che, in assenza, è tenuto ad adottare criteri equi e prudenziali.
Le casistiche possono essere le più svariate
Si va dal caso in cui i lavori non vengono realizzati per niente, a quello in cui vengono realizzati solo in parte entro i termini del Superbonus, lasciandone una coda in balia delle detrazioni ridotte. Ma non ci sono solo le scadenze fiscali da considerare, bensì anche quelle edilizie. L’inadempimento dell’impresa può determinare infatti non solo la perdita dei bonus, ma anche lo sforamento dei termini di validità del titolo edilizio.
Inoltre ci possono essere danni patrimoniali derivanti da perdita di opportunità commerciali. Si pensi al caso di chi aveva promesso in vendita l’immobile ristrutturato entro una certa data.
Importante adottare criteri di stima del danno analitici e oggettivi
Il primo passo, se l’impresa è inadempiente, è sicuramente quello di effettuare una “messa in mora e diffida”, inviando una pec di contestazione ben circostanziata e attinente allo specifico caso.
Poi, per una corretta quantificazione del danno, occorre fare una perizia tecnica, alla quale dovrà essere apposta “data certa”, affinchè si possa stabilire quale sia lo stato dell’immobile alla data del 31 dicembre 2023, documentando i lavori fatti e non fatti.
Successivamente si potrà procedere con la stima dei danni, che dovrà tener conto degli aspetti di natura patrimoniale e finanziaria:
- Se l’impresa non ha eseguito il lavoro il danno sarà pari al costo che dovrà essere sostenuto per eseguirlo nel 2024, tenendo conto delle nuove aliquote di detrazione fiscale e di eventuali variazioni dei prezzi
- Se l’impresa ha eseguito in parte il lavoro vale il criterio di cui al punto precedente, ma riferito unicamente alle opere ancora da svolgere o a quelle che non sono rientrate in un SAL datato 31/12/2023
- Se l’impresa ha eseguito in parte il lavoro e magari lo ha eseguito male, al criterio precedente dovrà aggiungersi la stima dei costi di ripristino
- Se l’impresa non ha eseguito il lavoro e, per qualche motivo, esso non è più eseguibile (per mutate condizioni in capo ai soggetti beneficiari, per scadenza dei titoli edilizi o per altre cause) il danno dovrà essere relazionato alla differenza tra il valore dell’immobile “a nuovo” e quello dell’immobile nello stato ante intervento.
È evidente che le casistiche sono molto numerose e pertanto è inevitabile affidarsi a consulenti esperti sia sul piano tecnico sia su quello legale e fiscale.