Immobiliare, Il Salva-Casa ridefinisce gli abusi edilizi
Dopo aver declassato le difformità parziali, a restare abusi edilizi, insomma, con tutto ciò che ne consegue, sono ormai solo i casi più eclatanti.
La nozione di abuso edilizio cambia faccia. Le novità introdotte in sede di conversione del decreto Salva-Casa riscrivono di fatto l’elenco delle difformità tra il titolo edilizio che abilita i lavori e la loro concreta realizzazione che sottostanno alla disciplina dell’abuso edilizio, depennando dalla lista tutti i casi in cui ai progetti assentiti vengano apportate variazioni essenziali.
Il regolamento attuale per le sanatorie
La procedura di sanatoria prevista per gli abusi edilizi non è stata formalmente intaccata dalla legge di conversione. Si riduce, però, la platea di irregolarità che dovranno passare attraverso la procedura ordinaria. Nel dettaglio, l’articolo 36 del Testo Unico dell’Edilizia prevede – e continua a prevedere – che in caso d’interventi realizzati in assenza del titolo abilitativo (permesso di costruire o segnalazione certificata di inizio attività) o in totale difformità dallo stesso, il responsabile o l’attuale proprietario possono richiedere la sanatoria.
Ciò però può avvenire solo una volta superato l’accertamento della conformità di detto intervento alla normativa urbanistica ed edilizia, conformità che va verificata in due tempi: deve risultare sussistente non solo nel momento in cui si richiede la sanatoria, ma anche all’epoca in cui l’intervento abusivo è stato realizzato. Condizione non da poco, che fa fuoriuscire dalla possibilità di essere sanate varie situazioni irregolari, con tutto ciò che ne consegue in termini di congelamento del bene immobile che non potrà essere messo sul mercato.
I casi intermedi nell’ottica del decreto
L’intenzione del decreto-legge era proprio quella di «salvare», come rivela il nome, simili situazioni, e ha per questo previsto una nuova procedura di sanatoria dai requisiti meno gravosi. Pertanto, modificando chirurgicamente l’articolo 36-bis del Tue, è stata prevista una parziale neutralizzazione del richiamato requisito della «doppia conformità». La sanatoria potrà così essere chiesta anche se al momento della domanda l’intervento non risulta conforme alla disciplina edilizia, purché rispetti quella urbanistica.
Similmente, via libera alla sanatoria se al momento della realizzazione delle opere queste non fossero conformi alla disciplina urbanistica, purché rispettassero quella edilizia. Nella pratica, ciò significa che le difformità parziali non sono più considerate al pari di un abuso e la novità della conversione risiede nel fatto che l’articolo 36-bis relativo alla sanatoria semplificata prevede ora che «le disposizioni si applicano anche alle variazioni essenziali di cui all’articolo 32».
Si tratta di un caso intermedio tra parziale difformità e abuso edilizio, consistente nella realizzazione di lavori molto diversi rispetto ai progetti. A stabilire quando ricorrono sono le singole regioni, ma il Tue fissa alcune indicazioni, ritenendo essenziali quelle variazioni che mutano la destinazione d’uso variando alcuni standard edilizi, che aumentano consistentemente la cubatura o la superficie di solaio, che apportano modifiche sostanziali di parametri urbanistico edilizi o della localizzazione dell’edificio, che mutano le caratteristiche dell’intervento e, infine, quelle che violano le norme in materia di edilizia antisismica, quando non attengano a fatti procedurali.
Dopo aver declassato le difformità parziali, la versione definitiva del decreto Salva-Casa fa sì che le variazioni essenziali vengano equiparate a queste ultime, diventando oggetto di una riduzione della gravità di dette irregolarità ancor maggiore. A restare abusi edilizi, insomma, con tutto ciò che ne consegue, sono ormai solo i casi più eclatanti.