Quando si parla di immobili collabenti, ci si riferisce a fabbricati in condizioni di degrado tali da renderli inutilizzabili e incapaci di generare un reddito. In ambito catastale, queste unità immobiliari rientrano nella categoria F/2, definita “fittizia” proprio perché priva di rendita. Tale classificazione, pur non obbligatoria, è regolata dall’art. 3, comma 2, lett. b) del Decreto del Ministero delle Finanze n. 28/1998.

Questa categoria, sebbene possa sembrare marginale, ha implicazioni significative sia dal punto di vista amministrativo che fiscale, ed è fondamentale comprenderne gli aspetti principali per gestire correttamente tali immobili.
Fabbricati collabenti: definizione e caratteristiche

Gli immobili collabenti sono fabbricati in stato di conservazione così compromesso da essere del tutto inidonei a qualunque utilizzo. Non essendo funzionali, questi immobili non possono produrre reddito e, di conseguenza, non viene loro attribuita una rendita catastale.

Nonostante ciò, possono essere iscritti al Catasto Edilizio Urbano nella categoria F/2, una classificazione utile per individuare il fabbricato in caso di trasferimento di proprietà o per finalità amministrative.

Questa categoria catastale è distinta da altre come F/3 (immobili in costruzione) e F/4 (immobili in definizione), che sono temporanee e vincolate a un limite temporale (solitamente da 6 a 12 mesi, prorogabili).

Al contrario, la categoria F/2 rappresenta uno stato permanente, che può essere modificato solo in seguito a interventi di ristrutturazione o ricostruzione.
Iscrizione al catasto: obblighi e documentazione

L’iscrizione in catasto per un immobile collabente è facoltativa. Tuttavia, qualora si decida di procedere, è necessario rispettare alcune condizioni tecniche e documentali. In particolare, occorre:

  • redigere una relazione tecnica che descriva dettagliatamente lo stato del fabbricato, con particolare attenzione alla struttura e al livello di conservazione;
  • allegare una documentazione fotografica che dimostri visivamente lo stato di degrado;
  • fornire un’autocertificazione del proprietario che attesti l’assenza di collegamenti alle reti di fornitura di energia elettrica, acqua e gas.

Questi passaggi sono fondamentali per evitare contestazioni e per garantire che la classificazione come F/2 sia accettata dall’Agenzia delle Entrate.
Aspetti fiscali: esenzioni e chiarimenti

Dal punto di vista fiscale, i fabbricati collabenti godono di alcune esenzioni, proprio in virtù della loro inutilizzabilità. L’esenzione più rilevante riguarda l’IMU, l’Imposta Municipale Unica, che non si applica a tali immobili.

La Legge n. 160/2019, all’art. 1, comma 741, stabilisce infatti che l’IMU si applica alle unità immobiliari iscritte in catasto con una rendita. Non essendo attribuita alcuna rendita ai fabbricati F/2, questi risultano esclusi dal tributo.

In passato, alcuni Comuni avevano tentato di sottoporre i ruderi a tassazione, classificando l’area su cui sorgevano come edificabile. Tuttavia, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10122/2019, ha chiarito che tale interpretazione è illegittima: fino a quando il fabbricato collabente non viene demolito, non può essere considerato un’area edificabile ai fini fiscali.

Solo una volta demolito, e in caso di costruzione di un nuovo fabbricato, potrà essere applicata la tassazione IMU.
Bonus edilizi per immobili collabenti: cosa cambia

Un aspetto cruciale per i fabbricati collabenti è la possibilità di accedere alle agevolazioni fiscali per i lavori di recupero. Tuttavia, a partire dal 2025, le detrazioni previste per gli interventi edilizi su tali immobili saranno ridotte.

Ecobonus e Sismabonus, infatti, saranno limitati al 36% per gli interventi su di essi. Questa riduzione deriva dalla nuova Legge di Bilancio, che ha stabilito che l’aliquota più alta (50%) si può applicare solo agli immobili adibiti ad abitazione principale.

Secondo la normativa vigente (Ecobonus dl 63/2013, art. 14 e Sismabonus dl 63/2013, art. 16), non esistono vincoli espliciti sulla categoria catastale per accedere alle detrazioni. Tuttavia, la condizione di inutilizzabilità dei collabenti impedisce che possano essere considerati abitazione principale prima dell’inizio dei lavori, requisito fondamentale per accedere alle aliquote maggiorate.
Detrazioni ridotte per lavori su immobili collabenti dal 2025

Dal 2025, chi deciderà di effettuare lavori di miglioramento sismico o di efficientamento energetico su un immobile collabente potrà accedere solo alla detrazione del 36%, che scenderà ulteriormente al 30% nel biennio 2026-2027.

Questa penalizzazione colpisce in modo particolare i ruderi, che, in virtù della loro condizione, devono essere per forza sottoposti a interventi significativi qualora debbano essere recuperati.

Ma nonostante le limitazioni introdotte dalla Legge di Bilancio, i ruderi possono ancora rappresentare un’opportunità per investimenti mirati, a condizione che vengano pianificati con attenzione gli interventi, valutando la possibilità di usufruire delle detrazioni residue e ottimizzando i costi.

Questa pianificazione risulta particolarmente importante nei casi in cui i ruderi siano inseriti in contesti condominiali, dove le decisioni possono influire sul valore complessivo delle proprietà coinvolte.