Il decreto Salva Casa (D.L. n. 69/2024) è colmo di norme di semplificazione, ma non si ferma solo alla previsione di procedure più agevoli per sanare alcuni abusi edilizi. Ora che è stato convertito in legge (L. n. 105/2024) è infatti possibile tracciare la reale ampiezza del suo intervento nella normativa edilizia, che risulta tale da investire anche le condizioni di legge nel rispetto delle quali è possibile o meno realizzare certi lavori.

L’obiettivo generale è quello di salvare, appunto, tante situazioni irregolari prima della sua emanazione, ma anche quello di “aumentare” le possibilità di offrire abitazioni.

Proprio su tale solco si colloca, dunque, una forma di “deregolamentazione” relativa alle opere realizzabili all’interno dei sottotetti, che grazie al Salva Casa possono oggi essere convertiti in mansarde abitabili senza la necessità di rispettare i requisiti di distanza tra edifici, almeno nel rispetto di alcune condizioni.

1) Il recupero del sottotetto

La norma cui si fa riferimento va a semplificare l’iter per il c.d. “recupero del sottotetto”. Si tratta di un intervento edilizio realizzabile in diversi modi, a seguito del quale l’ambiente viene reso agibile e adatto dal punto di vista tecnico e giuridico ad essere abitato.

In generale, tale tipologia di lavori è favorita dalle molteplici normative regionali, ciascuna a suo modo, perché consente di preferire l’adattamento di spazi già esistenti alla costruzione di nuove abitazioni.

In coerenza con tale ratio, il Salva Casa ha disposto l’aggiunta del co. 1-quater all’art. 2-bis del TUE (Testo Unico Edilizia, D.P.R. n. 380/2001), che prevede, come vedremo, alcune deroghe importanti alla normativa in caso di recupero del sottotetto, e lo fa proprio “al fine di incentivare l’ampliamento dell’offerta abitativa limitando il consumo di nuovo suolo”, come recita il primo periodo del comma.

2) Le nuove deroghe

In sostanza, il Salva Casa fa sì che alcuni interventi di recupero del sottotetto che prima della sua emanazione non potevano essere realizzati a causa di alcuni impedimenti normativi, possano oggi essere messi in atto. Nel dettaglio, il decreto raggiunge tale scopo prevedendo, al citato co. 1-quater, che “gli interventi di recupero dei sottotetti sono comunque consentiti, nei limiti e secondo le procedure previsti dalla legge regionale, anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini”.

Infatti, non sempre è necessario eseguire lavori invadenti per “convertire” un sottotetto, dato che potrebbero essere sufficienti poche opere interne che non modificano sagoma o copertura. Altre volte, però, potrebbe invece essere necessario intervenire diversamente, ed è qui che entrano in gioco i limiti relativi alle distanze minime, che il Salva Casa, però, supera del tutto.

E non solo, perché nel periodo di chiusura la norma specifica che “resta fermo quanto previsto dalle leggi regionali più favorevoli”, aprendo così alla possibilità che le varie Regioni siano anche più permissive, magari prevedendo condizioni meno stringenti rispetto a quelle imposte dal Salva Casa.

3) Le condizioni

Non si tratta, infatti, di un “liberi tutti”. Il nuovo co. 1-quater pone i suoi stessi limiti, specificando che la deroga alle distanze minime per il recupero dei sottotetti si applica solo “a condizione che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio, che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all’area del sottotetto, come delimitata dalle pareti perimetrali, e che sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ne ha previsto la costruzione”.

Solo una verifica tecnica a monte, allora, può verificare se nei singoli casi si può procedere senza i paletti delle distanze, procedendo poi a progettare lavori tali da rientrare nelle nuove deroghe.