Con il finire del 2024, diremo addio al Sismabonus, in tutte le sue versioni, sia ordinaria che “acquisti”. Non è dato sapere, infatti, se il legislatore abbia intenzione di prorogare la scadenza di legge, ma alcuni segnali fanno pensare di no.

In ogni caso, non potendo avere certezze, la prudenza impone di affrettarsi a considerare le strade percorribili. Restano pochi mesi, infatti, per accedere al Sismabonus-acquisti, e ogni passo della pianificazione risulta cruciale, soprattutto per chi deve ancora dare inizio ai lavori o ha accumulato ritardi. Per quanto poco, il tempo deve essere gestito al meglio, e in tal senso è da accogliere positivamente il chiarimento delle Entrate, in base al quale per ottenere il Sismabonus-acquisti non è necessario che tutte le opere di ricostruzione dell’immobile demolito siano completate entro il 31/12/2024. In particolare, con la Risoluzione n. 14/2024, l’Agenzia ha spiegato che alla data di scadenza è sufficiente aver terminato le opere strutturali e il collaudo, a nulla rilevando se l’immobile è accatastato in categoria F3 (unità in corso di costruzione), sempre che entro l’anno venga sottoscritto il contratto di compravendita.

Ma nonostante tale apertura, sono molti i motivi che possono impedire di completare le strutture entro la scadenza del bonus, facendolo sfumare. Ad esempio, l’impresa esecutrice/venditrice potrebbe essere a corto di liquidità o la manodopera necessaria potrebbe risultare carente. E ancora, non è scontato trovare acquirenti disponibili a firmare il rogito in pochi mesi.

È chiaro, allora, che nel peggiore dei casi l’impresa rimarrebbe senza bonus da offrire, ma con opere dispendiose di miglioramento sismico già eseguite. A rigor di logica, nel 2025 l’impresa non potrebbe neanche accedere al Sismabonus ordinario, che scade, come detto, nel 2024. Ma il fatto che questo si applichi in base al criterio di competenza, cioè in relazione all’anno in cui le opere sono eseguite, porta l’impresa a poter fare i conti con il passato, per comprendere se c’è la possibilità di agevolare quanto realizzato nel 2024 (o negli anni precedenti) con il Sismabonus ordinario.

Questa strada, infatti, non è sempre percorribile.

Il criterio di competenza

Per comprendere se, una volta sfumata l’ipotesi del Sismabonus-acquisti, l’impresa possa sfruttare il Sismabonus ordinario, bisogna richiamare alcune nozioni di base che regolano il mondo dei bonus edilizi. Questi, infatti, si applicano alle spese sostenute per la realizzazione degli interventi agevolabili. Ma quando il beneficiario di una detrazione è un soggetto commerciale come un’impresa, e non una persona fisica, il momento in cui le spese si considerano sostenute si ricava seguendo il c.d. criterio di competenza.

In base all’art. 109 del Tuir, co. 2, lett. b) nel dettaglio, “i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate”.

La formulazione lega dunque il sostenimento delle spese (da cui dipende l’applicabilità o meno del Sismabonus) al completamento dei lavori che conseguono i miglioramenti sismici. In sostanza, non importa se le fatture dei lavori sono saldate nel 2025, a Sismabonus scaduto, perché questo sarà fruibile in relazione alle opere antisismiche effettivamente realizzate entro il 31 dicembre 2024.

Conviene “ripiegare” sul Sismabonus?

Chiaramente, perdere il Sismabonus-acquisti può rappresentare un mancato risparmio fiscale considerevole. Ma molto dipende dalle tipologie di interventi e di edificio su cui questi sono realizzati.

Infatti, ciò che maggiormente distingue la versione ordinaria del bonus da quella “acquisti” è che la prima è si applica entro un massimale di spesa pari a 96.000 euro da calcolare sul numero di unità presenti prima dei lavori, mentre il massimale della seconda si moltiplica per il numero di unità risultanti alla fine dei lavori, che può essere ben più alto di quello di partenza.

In sostanza, cioè, il plafond di spesa massima agevolabile con Sismabonus-acquisti può lievitare di molto, essendo lecito che l’intervento antisismico di demolizione e ricostruzione che lo rende spettante comporti un ampiamento volumetrico rispetto all’edificio demolito.

La convenienza di “ripiegare” sul Sismabonus ordinario nel caso in cui sia difficoltoso raggiungere entro l’anno i requisiti necessari per la versione “acquisti”, dipende allora dalla differenza tra le unità ante e post operam. Se questo non è variato di molto in aumento dopo la realizzazione dei lavori, poco cambia. Se, invece, il numero di unità a fine lavori è di molto superiore a quello precedente, chiaramente il calcolo del plafond va ridimensionato, ma sempre meglio fruire di un Sismabonus ordinario basato su un ridotto numero di unità piuttosto che rinunciare completamente ad agevolare gli interventi.

Occhio al Modello B

Se entro il 2024 sono stati realizzati lavori antisismici, si apre per l’impresa la possibilità di agevolarne i costi con Sismabonus ordinario, applicando il criterio di competenza. Eppure, se i piani erano stati predisposti per offrire piuttosto il Sismabonus-acquisti, potrebbero verificarsi degli intoppi che è fondamentale rimuovere prima di “transitare” nella versione ordinaria.

Infatti, una criticità di questo cambio di rotta risiede nel fatto che per accedere ai bonus sismici è necessario produrre una specifica asseverazione, contenuta nel Modello B allegato al DM 329/2020. A compilarlo deve essere il progettista strutturale dell’intervento, che dovrà specificare la classificazione del rischio sismico dell’edificio prima e dopo l’intervento. Inoltre, nello stesso modello va certificata la congruità della spesa ammessa a detrazione.

Il problema risiede nel fatto che, se i piani erano quelli di corredare i lavori col Sismabonus-acquisti, il Modello B potrebbe essere stato compilato e depositato senza compilare la sezione relativa alla congruità della spesa. Infatti, con il parere n. 3/2021 il CSLLPP, in risposta a dei quesiti provenienti da CNI/ANCE, ha chiarito alcuni aspetti applicativi del Sismabonus-acquisti, ritenendo che nel Modello B “non sia necessario redigere il computo metrico estimativo dei lavori e non debba essere compilata la sezione del modulo che richiede l’indicazione del costo complessivo dell’intervento”, dato che il Sismabonus-acquisti si applica piuttosto al prezzo d’acquisto dell’immobile.

Un Modello B così compilato, però, non risulta adeguato alla fruizione del Sismabonus in via ordinaria, e l’interpretazione letterale della normativa sulla remissione in bonis del Modello B sembra escludere la possibilità di sanare la sua compilazione incompleta e/o errata.

Pertanto, qualora l’impresa desideri transitare dal Sismabonus-acquisti a quello ordinario e il Modello B sia già stato depositato con il metodo di compilazione previsto per il bonus acquisti, potrebbe essere dirimente presentare un’istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate per portare alla sua attenzione il proprio caso, chiedendo conferma della possibilità di presentare validamente un nuovo Modello B completo, mediante remissione in bonis.

Occhio alla SOA

Le difficoltà operative di questo “cambio di rotta” non finiscono qui. Infatti, per la spettanza del Sismabonus ordinario è necessario che l’impresa esecutrice dei lavori sia dotata di SOA, un’attestazione che certifica il possesso di vari requisiti, almeno nel caso i cui i lavori abbiano un valore superiore ai 516.000 euro, come previsto dal DL 21/2022, art. 10-bis.

Lo stesso requisito certificativo non è invece previsto in relazione al Sismabonus-acquisti, e non è dunque improbabile che l’impresa che ha preparato le pratiche per quest’ultimo sia sprovvista di SOA essa stessa, o ne sia comunque sprovvisto il subappaltatore da questa incaricato dei lavori.

In definitiva, la strada illustrata è certamente possibile e conveniente, ma può essere data per scontata, e la sua praticabilità va valutata caso per caso in base alle specifiche situazioni esistenti.


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