CREPE NEI MURI. COSA FARE?
Negli ultimi anni, ormai da un decennio a questa parte, stiamo assistendo a estati molto “secche”, che prosciugano in profondità il terreno per periodi di tempo sempre più lunghi.
Questa Condizione, segno evidente di un cambiamento climatico ormai irreversibile, rappresenta un problema non solo dal punto di vista ambientale, ma anche per le costruzioni.
Spesso infatti accade che gli edifici, in particolare quelli con fondazioni “superficiali”, proprio a seguito del prosciugamento del terreno basamentale, manifestino crepe e lesioni nelle murature fuori terra. Dapprima si tratta di microfessure, che solo un occhio esperto può rilevare e poi col tempo, anno dopo anno, l’interazione terreno-struttura, determina un incremento del quadro fessurativo, fino a preoccupare il proprietario, che si trova costretto a correre ai ripari interpellando un tecnico o un’impresa specializzata.
Gli effetti del terreno sulle fondazioni e sull’edificio
Fino a pochi decenni fa la stragrande maggioranza degli edifici era realizzata con pareti di laterizio o di pietrame poggiate direttamente sul terreno ad una profondità di circa un metro dal piano di campagna.
Solo alcune tipologie di fabbricati, di solito quelli più importanti e quelli ubicati nei centri storici, possedevano un piano interrato, che comportava la necessità di realizzare il piano delle fondazioni molto più in basso, a circa 3m dalla strada.
Raramente si ricorreva a fondazioni profonde realizzate mediante palificate, per evidenti difficoltà di esecuzione.
È evidente quindi che edifici realizzati con fondazioni superficiali, di qualunque genere sia la sovrastruttura (in cemento armato o in muratura), possono lesionarsi in presenza di condizioni meteoriche estreme, come ad esempio periodi di prolungata siccità.
Occorre infatti tener presente che nei terreni, in particolare quelli argillosi, la perdita dell’equilibrio igroscopico, può determinare anche fenomeni di ritiro volumetrico. Di conseguenza l’edificio, come se fosse appoggiato su un materasso a molle, per effetto del suo peso, tende ad assestarsi e le murature a lesionarsi.
I possibili rimedi
Tutto dipende dalla tipologia fondale. Se, come detto, l’edificio presenta fondazioni profonde il problema della formazione delle fessure nei muri per effetto del prosciugamento del terreno è pressoché inesistente. Può manifestarsi ugualmente ma solo in caso di veri e propri fenomeni di instabilità del piano di posa (principi di frane o altro), sicuramente rari.
Nel caso invece di edifici con fondazioni poste in prossimità della superficie la problematica è ricorrente.
I rimedi sono di varia natura e devono essere sempre valutati dopo aver svolto indagini sul terreno volte a capire la tipologia e la profondità degli strati più resistenti. A tal fine sarà opportuno coinvolgere un geologo che, mediante semplici prove, è in grado di fornire la stratigrafia del terreno che si trova al di sotto dell’edificio.
Dopo di che sarà opportuno interpellare un ingegnere che, valutato il quadro delle fessure presenti e tenendo conto delle informazioni contenute nella relazione geologica, potrà fornire un progetto di consolidamento strutturale.
A tal fine si può operare o mediante iniezione di resine espandenti al di sotto delle fondazioni, oppure mediante realizzazione di cordoli in cemento armato affiancati alle pareti preesistenti. La prima tipologia di intervento è poco invasiva (ma non sempre risolutiva), la seconda comporta invece opere di demolizione non sempre accettabili.
Solo nei casi più preoccupanti si prevede l’introduzione di pali o micropali.
Una volta realizzato il consolidamento fondale, se le opere sono ben realizzate, l’edificio non avrà più possibilità di movimento e quindi il quadro fessurativo si ferma.
Solo a quel punto si potrà procedere al ripristino delle lesioni strutturali che si sono formate nella muratura, con semplici stuccature o mediante il rifacimento dell’intonaco.
Gli incentivi fiscali disponibili
Gli incentivi fiscali a disposizione per queste opere dipendono sostanzialmente dalla natura dell’edificio. Se si tratta infatti solo di consolidamenti fondali, indipendentemente che l’intervento consista nell’introduzione di cordoli in cemento armato, di iniezioni di resine o di micropali, essi non producono effetti apprezzabili in termini di “salto di classe sismica” e quindi la relativa spesa non potrà beneficiare del Sismabonus ordinario, che presuppone il salto di classe.
Resta però disponibile il Super Sismabonus, per il quale, come chiarito dalla Commissione istituita presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, non è necessario dimostrare alcun che dal punto di vista sismico e quindi anche un intervento localizzato in fondazione da diritto di “scaricare” la spesa al 110%.
Attenzione però, perché se l’edificio è unifamiliare il Superbonus non può più essere applicato (è scaduto il 30 giugno scorso e ora può proseguire fino al 31/12/2022 solo per coloro che hanno dimostrato di aver realizzato il 30% dei lavori entro il 30 settembre). Pertanto resta a disposizione per interventi come quelli descritti, il solo bonus casa al 50%, entro un limite di spesa di 96.000euro per ogni unità immobiliare.
Analogamente, se si tratta di un edificio non residenziale (ad esempio un magazzino o un garage), il Superbonus non è concesso e allora, anche in questo caso, si potrà optare solo per il bonus casa al 50%.
Se il fabbricato è invece plurifamiliare o condominiale (purché residenziale) non vi sarà alcun problema a beneficiare del Super Sismabonus al 110% per le spese effettuate entro il 31 dicembre 2023.