Contenzioso bonus edilizi: come ottenere il risarcimento per perdita di chance
Le sentenze sono contrastanti. Alcune rigettano le domande di risarcimento, altre portano a un accoglimento parziale. Più elementi si presentano al Giudice, più è probabile ricevere un risarcimento completo.
Se l’impresa di costruzioni non esegue il lavoro commissionato, o tarda nell’esecuzione, il committente subisce dei danni. Ma cosa accade quando ci sono di mezzo i bonus edilizi?
Interventi e bonus edili: le responsabilità
Non è una domanda scontata, perché dal comportamento dell’impresa può dipendere il mancato accesso alle detrazioni, legate all’effettiva realizzazione degli interventi entro precise scadenze.
Gli esecutori dei lavori, insieme ai professionisti, sono gravati da responsabilità molto grandi, perché il danno subito dal proprietario può comprendere anche la cosiddetta “perdita di chance”, rappresentata appunto dagli eventuali bonus edilizi andati in fumo.
Ma nulla è scontato e tutto va provato.
Solo fornendo al Giudice elementi “forti” e ben circostanziati, anche sotto il profilo tecnico e cantieristico, i committenti che hanno avuto a che fare con imprese ritardatarie o “fuggitive”, possono sperare di ottenere un risarcimento adeguato.
Le sentenze già emanate, per quanto poche, offrono i primi elementi utili per orientarsi, e conoscerle è fondamentale per chiunque intenda difendere le proprie ragioni.
Ad esempio, una recentissima sentenza del Tribunale di Roma, la n. 21607 emanata lo scorso 13 febbraio, ha accordato al condominio committente dei lavori il risarcimento per perdita di chance (seppure in maniera parziale, vedremo), nonostante alcune carenze probatorie. Ciò diversamente da quanto deciso dal Tribunale di Treviso con la sentenza 1690/2023, che non ha invece riconosciuto il danno da perdita di chance al proprietario proprio perché non aveva provato il collegamento tra l’inadempimento dell’impresa e l’impossibilità di accedere al Superbonus.
Ciò che appare come un contrasto di orientamenti giurisprudenziali, se da un lato certamente mette in luce l’assenza di punti fermi nel contenzioso sui bonus edilizi, dall’altro evidenzia un principio generale condiviso: per dimostrare il mancato accesso ai bonus e quindi ottenere un corrispondente risarcimento per perdita di chance, occorre presentare in giudizio quanti più elementi possibili, e non solo di natura giuridica, ma anche tecnica e organizzativa.
L’inadempimento non basta
Il malcapitato committente che si scontra col mancato o tardivo operato di un’impresa, che non gli ha permesso di fruire di un bonus edilizio, dovrà innanzitutto contestare il suo inadempimento. Eppure, questo elemento non basta, poiché egli dovrà anche provare che dall’inadempimento dipende la sua perdita di chance in termini di mancato risparmio fiscale.
A conferma di ciò, si pone la citata sentenza n. 1690/2023 del Tribunale di Treviso, chiamato a intervenire da un proprietario che ha appaltato lavori agevolabili con Superbonus a un’impresa che però non li aveva mai realizzati. Nel dettaglio, il committente ha chiesto al giudice di dichiarare risolto il contratto d’appalto per grave inadempimento dell’appaltatore, e di vedersi risarcito il danno patrimoniale. Questo, secondo il proprietario, gli spetta anche “a titolo di danno da perdita di chance, e ciò per aver perso la possibilità di svolgere lavori di ristrutturazione della propria abitazione giovandosi del Superbonus”.
Considerato che il committente ha allegato il contratto d’appalto, e che sarebbe spettato all’impresa dimostrare il proprio corretto adempimento, mentre questa invece rimaneva contumace, il giudice ha dichiarato sciolto il contratto, e ha così riconosciuto il diritto del committente al risarcimento dei danni patiti. Ma tra questi non rientrano quelli legati alla perdita della possibilità di accedere all’agevolazione fiscale. Infatti, spiega il Tribunale, “quanto al danno da perdita di chance, si osserva che l’accoglimento della domanda risarcitoria presuppone comunque la prova, sia pure indiziaria, dell’utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l’obbligazione fosse stata adempiuta e deve pertanto escludersi per i mancati guadagni meramente ipotetici”. In particolare, il proprietario non ha prodotto “alcunché che possa permettere di ritenere provato, secondo un rigoroso giudizio di probabilità, che se non vi fosse stato l’inadempimento della convenuta l’attore avrebbe potuto giovarsi del bonus fiscale”. E quindi, il Giudice ha potuto condannare l’impresa solo a riversare quanto già ricevuto dal committente a titolo di pagamento, senza aggiungere a tale somma la perdita economica subita a causa della mancata possibilità di fruire della detrazione.
Le carenze probatorie riducono il risarcimento
Come anticipato, però, non tutti i giudici sono dello stesso avviso, e il risarcimento del danno legato alla perdita di chance è stato riconosciuto dal Tribunale di Roma (sentenza 21607/2024) anche in carenza di prove complete che dimostrino un nesso tra l’inadempimento dell’impresa e il mancato accesso a un bonus. Eppure, ciò non significa che il committente possa prendere la questione probatoria alla leggera, sia perché come abbiamo visto altri giudici potrebbero essere più rigidi, sia perché anche il più “morbido” Tribunale di Roma ha comunque ridotto l’ammontare del risarcimento proprio a causa dell’insufficienza di prove.
Il condominio che ha fatto ricorso al giudice romano, similmente al proprietario di Treviso, è stato abbandonato dall’impresa esecutrice, perdendo la possibilità di accedere al Bonus Facciate. Per questo, anche in questo caso il giudice riconosce il grave inadempimento e dichiara risolto il contratto d’appalto. Al momento di decidere sull’ammontare del danno da ristorare, il Tribunale specifica che “in tale liquidazione non può farsi a meno che il risarcimento riguarda un danno che non consiste nella lesione di un diritto soggettivo maturato, ma nella lesione di un’aspettativa legittima ad un diritto soggettivo non ancora maturato”. Insomma, non essendo mai stata realizzata la ristrutturazione della facciata, che avrebbe dato diritto al bonus, tale diritto risulta frustrato a causa del comportamento dell’impresa, cosicché “deve essere da questi risarcita la chance (indubbiamente elevatissima) che l’attore avrebbe potuto usufruire di tale bonus”. Il giudice romano, però, fa un appunto: l’attore ha fornito prova della sussistenza di solo alcuni dei requisiti per accedere al bonus e avrebbe comunque potuto reperire sul mercato un’altra impresa per portare a termine i lavori, garantendosi l’agevolazione. Ciò, però, non porta il giudice a negare il risarcimento per perdita di chance, ma comunque lo costringe a ridurre l’importo liquidabile a una percentuale “determinata equitativamente, pari al 70% del bonus astrattamente riconoscibile”.
È evidente, allora, che in simili casi tutto ruota intorno alla necessità di allegare tutti i documenti in grado di provare ogni singolo requisito di spettanza del bonus, nonché eventualmente i motivi che hanno impedito di rivolgersi a una nuova impresa, elementi che solo professionisti esperti in materia possono individuare compiutamente. Da ciò, per quanto la giurisprudenza sia ancora poco matura e frammentata, dipende se non l’ottenimento di un risarcimento di per sé, almeno l’estensione del suo ammontare a totale copertura del bonus perduto.