Come fare per rinnovare i pavimenti usurati senza demolirli?
È vero che al giorno d’oggi ci sono i bonus edilizi e che, grazie al 110%, condomìni e singoli condòmini possono ristrutturare i loro caseggiati senza spendere nulla, ma è anche vero che i muratori in casa non piacciono a nessuno.
È vero che al giorno d’oggi ci sono i bonus edilizi e che, grazie al 110%, condomìni e singoli condòmini possono ristrutturare i loro caseggiati senza spendere nulla, ma è anche vero che i muratori in casa non piacciono a nessuno, soprattutto se gli interventi sono invasivi e richiedono opere interne di demolizione.
Quando poi gli interventi interessano gli spazi comuni il problema può creare più di un malumore.
Pensiamo ai pavimenti, una delle parti più esposte all’usura: col tempo le piastrelle possono diventare scivolose, possono rompersi, oppure possono staccarsi mettendo a rischio chi ci cammina sopra.
Ma rifarli non sempre è semplice, tanto più se si tratta dei pavimenti di androni, garages, scale e, in generale di spazi comuni.
Il rifacimento dei pavimenti
Per rifare un pavimento non è sufficiente sostituire le piastrelle con altre di nuova fattura, poiché la rimozione di quelle esistenti compromette quasi sempre anche gli strati sottostanti.
È quindi necessario demolire il cosiddetto sottofondo che, se l’edificio non è recente, presenta uno spessore molto ridotto, dell’ordine dei 3-4 cm, e contiene annegate le tubazioni idriche ed elettriche.
La semplice esigenza di sostituire le piastrelle si trasforma dunque in un lavoro che coinvolge anche l’idraulico e l’elettricista richiedendo, per un motivo o per un altro, anche l’adeguamento di buona parte dell’impiantistica della casa.
Tecniche innovative per rinnovare i pavimenti senza demolirli
Se non si vuole demolire il pavimento esistente l’unico modo è metterci qualcosa sopra. L’intervento più semplice è quello che prevede l’incollaggio di nuove piastrelle sopra a quelle esistenti.
Tuttavia questa operazione porta via almeno 15-20 mm, tra spessore della colla, delle piastrelle e compensazione delle irregolarità presenti.
In alternativa si possono usare piastrelle “ultrasottili”, solitamente in gres porcellanato, che hanno uno spessore di 3-5 mm e che però, tra colla e tutto, richiedono quasi un centimetro, quanto basta per compromettere l’apertura di tutte le porte interne e dei portoncini.
Inoltre, dato il loro spessore e la loro fragilità, risultano molto delicate in fase di montaggio, con rischio di rotture frequenti.
Come ulteriore alternativa si possono valutare i parquet flottanti, ma anche in tal caso lo spessore finito difficilmente scende sotto al centimetro.
Le resine autolivellanti
Una soluzione innovativa che permette di contenere gli extraspessori e che, al tempo stesso, consente di cambiare radicalmente il look della casa, è quella che prevede l’uso di resine epossidiche autolivellanti.
Le resine per pavimenti sono nate una quindicina di anni fa per usi legati al mondo dell’industria per le notevoli prestazioni meccaniche di questi materiali, che li rendono adatti anche ad ambienti soggetti a continue sollecitazioni. Oggi, per i loro vantaggi e per l’effetto estetico che conferiscono agli ambienti, hanno trovato spazio anche nell’edilizia residenziale.
Vengono applicate direttamente sul pavimento esistente e, con uno spessore complessivo di appena 3-4mm, consentono di realizzare una nuova superficie perfettamente piana, senza fughe o punti di giunzione, resistente ed elastica. Inoltre contribuiscono ad aumentare l’isolamento acustico da calpestio che, nel caso dei solai di interpiano, è sempre utile.
Anche la fase di posa non presenta difficoltà, ma anzi rappresenta un ulteriore vantaggio, poiché i lavori sono semplici e veloci, essendo possibile posare la resina sul pavimento esistente senza alcun lavoro di demolizione.
Il limite principale di questo tipo di soluzione è rappresentato dal supporto perché, se il pavimento preesistente non risulta stabile (ad esempio per presenza di piastrelle che si muovono), la soluzione della resina autolivellante non sarà mai applicabile.
Analogamente se il pavimento preesistente è costituito da materiali diversi (ad esempio cotto in una stanza e ceramica in un’altra), la differente capacità di assorbimento e di aderenza può creare spiacevoli differenze estetiche.
Le detrazioni fiscali
Qualora l’intervento di rinnovamento del pavimento esistente sia realizzato su edifici condominiali, pur essendo ascrivibile alla categoria della manutenzione ordinaria, gode dei benefici disciplinati dall’articolo 16-bis del Dpr 917/86 (Testo unico delle imposte sui redditi), che consistono in una detrazione dall’Irpef del 50% delle spese sostenute, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare.
Nel caso di completo rifacimento del pavimento esistente, con sostituzione dello stesso con materiali o con sottofondi più leggeri, qualora dall’alleggerimento derivi una riduzione del rischio sismico dell’edificio, è possibile anche fruire del Superbonus 110%.
In entrambi i casi (bonus 50% o bonus 110%) possono rientrare tra le spese agevolabili non solo quelle inerenti al vero e proprio rifacimento (o rivestimento) del pavimento, ma anche quelle correlate, come ad esempio l’adeguamento degli impianti e le spese professionali.