I bonus edilizi sono a tutti gli effetti misure agevolative di tipo fiscale, ed è dunque dovere dell’Agenzia delle Entrate assicurarsi del corretto utilizzo da parte di chi ne fruisce. In materia di controlli, il legislatore ha “confezionato” un corpus normativo apposito per tali specifiche agevolazioni.

Da ultimo, ad esempio, con la Legge di Bilancio 2024 (Legge 213/2023, art. 1, co. 86), è stata introdotta la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di verificare se per le unità immobiliari che sono state oggetto di lavori agevolabili con Superbonus è stata presentata la dichiarazione di variazione dello stato dei beni, allargando così l’ambito di controllo del Fisco anche a quello catastale.

Ma tale attività di controllo non si ferma a detta ultima “novità”, essendo regolato anche dalla normativa generale in materia, che è sempre necessario ripercorrere per scongiurare ipotesi di contestazioni quando si intende eseguire interventi edilizi fruendo di bonus fiscali. Anche perché il quadro cambia in base a chi abbia utilizzato il bonus, se il primo beneficiario direttamente in dichiarazione, o il terzo cessionario in compensazione.

I controlli sulle dichiarazioni

Le norme sull’accertamento sono basate sul d.P.R. n. 600/1973, che descrive tre tipi di controllo a disposizione dell’amministrazione. Il primo, detto liquidatorio (art. 36-bis), si attiva nel caso più semplice, quello in cui le “carte” non sono corrette. Scatta in maniera automatizzata in sede di liquidazione delle imposte in base alle dichiarazioni dei redditi rese dai contribuenti e, tra le altre cose, mira a correggere errori di calcolo. Se emergono anomalie, parte un avviso bonario indirizzato al contribuente. Detto controllo deve svolgersi per legge entro l’anno successivo a quello della dichiarazione.

L’art. 36-ter regola poi il controllo c.d. formale, che interessa anche le “carte” in regola. Con questo, l’Agenzia delle Entrate può entrare più nei dettagli, con l’obbligo di aprire un contraddittorio e con la possibilità di richiedere al contribuente documentazione in più (fatture, bonifici, ecc.). Il controllo formale va svolto entro la fine del secondo anno successivo alla presentazione della dichiarazione, un termine che comunque è solo ordinatorio, nel senso che l’AdE non ha alcun vincolo in tal senso, e ben potrebbe attivare il controllo anche successivamente.

La terza ed ultima ipotesi riguarda il controllo sostanziale (artt. 37 e ss.), con il quale cioè l’AdE non si ferma a verificare la correttezza formale delle dichiarazioni, ma entra nel merito della situazione reddituale del singolo, svolgendo una vera e propria attività di indagine. Si tratta del controllo più “longevo”, che può essere cioè attivato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo alla presentazione della dichiarazione.

Controllo formale

Tramite il primo livello di controllo (quello svolto in modo cartolare secondo l’art. 36-bis), l’Agenzia non può conoscere alcuni “dettagli” particolarmente rilevanti in relazione alla legittimità dei bonus edilizi, che emergono invece dalla documentazione della quale può entrare in possesso con il controllo formale (art. 36-ter). È proprio dal controllo formale della documentazione, ad esempio, che può risultare la sussistenza di irregolarità urbanistiche o il mancato rispetto dei requisiti necessari per fruire di un bonus.

Ma in cosa consiste il controllo formale? In base ad alcuni criteri selettivi individuati annualmente dal Ministero delle Finanze, l’Agenzia delle Entrate può rilevare elementi di incoerenza in grado di mettere in discussione la spettanza delle agevolazioni. In questo caso, si apre un contraddittorio, e il contribuente riceve una notifica motivata con l’invito a “fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione e ad eseguire o trasmettere ricevute di versamento e altri documenti non allegati alla dichiarazione o difformi dai dati forniti da terzi”.

Dunque, l’Agenzia delle Entrate può chiedere al contribuente non solo chiarimenti, ma anche la documentazione sulla cui base sono state effettuate le detrazioni (CILAS, asseverazioni, etc.). Qui risiede, evidentemente, l’importanza di possedere una documentazione impeccabile: grazie a questa, il contribuente che si trovi ad essere parte del contraddittorio aperto in fase di controllo formale, avrà modo di provare la regolarità della propria posizione.

Carenza dei requisiti

Cosa accade se a seguito del controllo formale appena descritto, emergono carenze parziali o totali nella documentazione relativa a un bonus? In questo caso, il contribuente riceverà una comunicazione che elenca e motiva i rilievi dell’Agenzia delle Entrate. Entro il 31 dicembre del quarto anno successivo alla presentazione della dichiarazione dei redditi interessata, l’AdE deve obbligatoriamente procedere alla notifica della cartella di pagamento che impone il rimborso delle somme indebite con le relative sanzioni (pari al 30% dell’imposta non versata ex art. 13 del Dlgs 471/1997), interessi e spese di riscossione. Una volta ricevuta la cartella, il contribuente può scegliere di impugnarla dinnanzi a un giudice tributario per opporsi al recupero, potendo così far valere le sue ragioni in un contenzioso, nel quale sarà fondamentale avere il supporto di professionisti tanto della materia fiscale che di quella edilizia, nello specifico caso dei bonus.

Insomma, a fronte di un esito negativo del controllo formale, il contribuente può scegliere di “accettare” subito le contestazioni, conformandosi al rimborso richiesto, oppure attendere che l’amministrazione “iscriva a ruolo” la cartella per opporsi nelle aule di giustizia.

Documentazione ineccepibile

Se, invece, la documentazione è completa, ciò potrebbe non bastare a coprirsi del tutto le spalle. Come accennato, il Fisco ha a disposizione anche il controllo sostanziale (artt. 37 e ss.), attivabile fino a ben 6 anni dopo dall’anno d’imposta in cui si è fruito della detrazione. Si tratta di un accertamento di merito che presenta molte differenze rispetto agli altri due livelli di controllo. Nel dettaglio, l’Agenzia delle Entrate può con questo controllo dispiegare tutti i suoi poteri ispettivi, procedendo ad esempio a indagini sui conti correnti o ad accessi e ispezioni nei locali.

In questo “livello” di controllo, di gran lunga il più specializzato, l’Agenzia delle Entrate può ricorrere anche a presunzioni. La prova a carico dell’amministrazione, cioè, deve essere ben motivata come negli altri casi, ma può, nel rispetto del contraddittorio, essere ottenuta non direttamente (tramite la dimostrazione del fatto), bensì basandosi su circostanze diverse ma inferenzialmente legate al fatto da dimostrare. In altre parole, il Fisco può agire sulla base di elementi non di per sé illeciti ma che lasciano presumere, appunto, che esista un elemento illecito sottostante.

Semplificando, si tratta di una modalità operativa riconosciuta dall’ordinamento per risolvere la condizione di “inferiorità conoscitiva” nella quale molto spesso si trova ad operare, non essendo presente nei luoghi e nei tempi in cui si sono svolti i fatti.

In caso di cessione

Sulle operazioni di cessione dei crediti d’imposta legate ai bonus edilizi, l’amministrazione ha a disposizione un livello di controllo specifico, di tipo preventivo rispetto a quelli fino a qui illustrati. Si tratta del controllo regolato dall’art. 122-bis del D.L. n. 34/2020 (Decreto Rilancio), in base al quale l’Agenzia delle Entrate può sospendere gli effetti delle comunicazioni di cessione ricevute dai contribuenti, entro 5 giorni dall’invio.

Nel dettaglio, tale controllo è rimesso a un sistema informatico in grado di segnalare con un “alert” eventuali profili di rischio. Una volta sospesa la comunicazione, l’AdE ha 30 giorni di tempo per verificare, potendo richiedere documentazione al contribuente. Nel caso i profili di rischio siano confermati da tali ulteriori controlli documentali, la comunicazione viene considerata come mai inoltrata. Da qui, scattano i successivi livelli di controllo ordinari prima richiamati. Contrariamente, sia se le verifiche non confermano i rischi, sia che i 30 giorni siano trascorsi inutilmente, la comunicazione “torna in vita” e con lei la cessione del credito.

Se il bonus considerato indebito dall’Agenzia delle Entrate è stato fruito come credito d’imposta da un terzo che lo ha compensato con i propri debiti d’imposta, l’AdE può recuperarlo in capo al cessionario solo se quest’ultimo ha concorso alla violazione contestata con dolo o colpa grave. In tali casi, l’AdE emana un apposito atto impositivo di recupero, regolato dalla Legge 311/2004 (art. 1, co. 421 e 422).

Il termine in cui tale atto può essere emanato è fisato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo all’utilizzo in compensazione.