Se i ferri sono “a vista” e il calcestruzzo è ammalorato l’edificio si deprezza sensibilmente
Capita spesso di vedere edifici con parti in calcestruzzo sgretolate e con i ferri arrugginiti. Sono segnali di degrado da non trascurare, che possono ripercuotersi sul valore dell’immobile.
Non tutti sanno che il calcestruzzo con il quale sono costruiti gli edifici nei quali viviamo, in particolare quelli realizzati fino agli anni ’60, quando le conoscenze e l’esperienza di impiego erano limitate, è un materiale che necessita di frequenti interventi di manutenzione.
In assenza di essi il calcestruzzo può essere permeato dagli agenti atmosferici, che innescano fenomeni corrosivi nel ferro sottostante il quale a sua volta, aumentando di volume per effetto dell’ossidazione, provoca il distacco delle porzioni superficiali di ricopertura (il cosiddetto copriferro).
Si tratta di un fenomeno disgregativo da non sottovalutare, che parte dalla superficie esterna e poi penetra sempre più in profondità.
Non deve essere trascurato sia perché la caduta di frammenti dalle facciate può causare danni a cose e persone, sia perché, se i fenomeni corrosivi arrivano ad interessare “l’anima” delle parti strutturali, può essere messa a repentaglio la sicurezza stessa dell’edificio e, di conseguenza, il suo valore.
Se il calcestruzzo è degradato l’edificio si deprezza
Chi acquista un immobile, soprattutto se non è di nuova costruzione, dovrebbe sempre farsi assistere da un professionista, che possa consigliarlo sulla bontà dell’affare, sia in termini burocratico-amministrativi, ovvero per quanto riguarda ad esempio la regolarità edilizia, sia in termini di “valore”.
Il valore di un edificio non dipende infatti solo da aspetti meramente commerciali, come l’ubicazione o la metratura, ma anche dallo stato di conservazione dei materiali con i quali è costruito.
Se si tratta di un immobile storico il tecnico dovrà controllare, ad esempio, l’integrità delle travature in legno, verificando che non siano interessate da marcescenze o che non siano “tarlate”. Per ciò è sufficiente un esame visivo.
Se l’edificio invece è in calcestruzzo armato le cose sono più complesse.
Il tecnico dovrà fare attenzione alla presenza di alcuni segnali visibili che, ove presenti, dovranno essere oggetto di idonei approfondimenti sperimentali.
Uno di questi segnali è proprio rappresentato dal distacco del copriferro e dalla conseguente caduta di “calcinacci” di calcestruzzo.
È evidente che laddove il materiale dovesse apparire interessato dal degrado anche in profondità, l’immobile subirà un forte deprezzamento, poiché il ripristino delle condizioni di sicurezza comporterà interventi manutentivi molto costosi.
La necessità di un intervento di rinforzo strutturale generalizzato delle parti in calcestruzzo può concretizzarsi per i casi più disparati (e inaspettati). Pensiamo, ad esempio, al semplice caso in cui l’assemblea deliberi di rifare il tetto dello stabile.
Se, in fase di progettazione o, peggio, durante il corso dei lavori, dovessero emergere problematiche di tipo “materico” come quelle descritte, è evidente che si dovrà metter mano anche alle strutture sottostanti per rinforzarle, gravando così i vari proprietari di oneri imprevisti.
Il Superbonus per il ripristino del calcestruzzo ammalorato
La Commissione di Monitoraggio del Sismabonus, con parere num. 3 del 2021, ha chiarito che sono “…certamente da ritenersi ammissibili ai benefici fiscali del Supersisma bonus 110%, gli interventi di riparazione e ripristino della resistenza originaria di elementi strutturali in muratura e/o calcestruzzo armato e/o acciaio, ammalorati per forme di degrado provenienti da vari fattori (esposizione, umidità, invecchiamenti, disgregazione dei componenti ecc.)”.
Dunque se le parti in calcestruzzo interessate dal processo di degrado, a giudizio di un ingegnere, hanno una valenza strutturale e quindi il loro ammaloramento può, in qualche modo, interessare la sicurezza dell’edificio, sarà possibile eseguire su di essi degli “interventi locali” di riparazione, i cui costi potranno essere portati in detrazione tramite il Superbonus (al110 o al 90%).
In tal modo si ottiene un duplice beneficio. In primo luogo si interrompe il processo di degrado che, come abbiamo detto, se trascurato può risultare pericoloso.
Poi, per il “principio assorbente” più volte riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate, si possono effettuare tutti gli interventi di manutenzione strettamente correlati a quello principale, detraendo anch’essi allo stesso modo. Così ad esempio si potrà effettuare anche la pulizia e il trattamento delle superfici a vista con specifici prodotti protettivi.
Per chi non vuole il Superbonus gli interventi di ripristino vanno al 50%
Il Superbonus, ormai lo abbiamo imparato, si porta dietro una certa complessità procedurale, che si presta a rischi in caso di errori.
Per chi non vuole accedere al Superbonus restano comunque a disposizione i bonus ordinari (bonus ristrutturazioni) che, nel caso di interventi di ripristino di questo tipo, consentono di portare in detrazione il 50% della spesa sostenuta.
50% della spesa sostenuta.
Le tecniche di intervento
Il calcestruzzo è un materiale molto eterogeneo, quindi non esiste una formula universale per il suo risanamento. Ogni caso va analizzato singolarmente tenendo conto dell’epoca di costruzione, della composizione chimica del materiale, dell’esposizione e di altri fattori che possono influenzarne la durabilità.
In termini del tutto generali, se il degrado è solo superficiale, le tecniche di intervento prevedono la rimozione delle parti ammalorate e il trattamento dei ferri di armatura con prodotti antiossidanti. Successivamente si procede alla ricostruzione del copriferro con apposite malte protettive.