Acquisto di edifici in stato di abbandono e registrazione in Catasto come unità collabenti. Conviene davvero?
Il motivo del cambio di categoria catastale è legato alla circostanza che gli immobili collabenti, in quanto non produttivi di reddito, non sono soggetti al pagamento dei tributi.
Da quando è stata introdotta l’imposta municipale sugli immobili (la c.d. I.M.U.) molti proprietari di unità immobiliari residenziali in stato di abbandono hanno deciso di registrare al catasto gli stessi sotto la categoria F/2, che corrisponde allo stato di “collabenti“.
In generale si parla di unità collabenti con riferimento a tutti quegli immobili che non producono reddito, in quanto si trovano in uno stato di conservazione inadeguato. Si tratta quindi di immobili fatiscenti o in condizioni di crollo parziale.
Perché cambiare categoria catastale
Il motivo del cambio di categoria catastale è spesso legato alla circostanza che gli immobili collabenti, in quanto non produttivi di reddito, non sono soggetti al pagamento dei tributi. Certamente un risparmio per il proprietario dell’immobile. Ma è giusto chiedersi cosa succede nel momento in cui lo si vuole vendere.
Per l’acquirente la circostanza che il fabbricato che intende acquistare sia classificato come collabente comporta vari problemi, soprattutto in tema di imposte da pagare al momento della compravendita.
In primo luogo il fabbricato collabente non è soggetto alla regola del prezzo-valore; non avendo rendita catastale si dovranno versare le imposte calcolandole sul prezzo indicato in atto e non sulla rendita catastale.
Questo comporta indubbiamente un esborso maggiore in quanto è noto che la rendita è notevolmente inferiore al prezzo.
Inoltre, mentre gli atti soggetti alla normativa del prezzo-valore non sono soggetti ad accertamento da parte di Agenzia Entrate, laddove non si soggiaccia a tale normativa l’atto potrà attirare l’attenzione dell’Ente al fine di verificare la congruità del prezzo, con il rischio di incorrere in sanzioni e maggiori imposte da versare.
La seconda conseguenza, ancora più gravosa, è che l’acquirente non potrà usufruire delle agevolazioni prima casa e, di conseguenza, dovrà versare le imposte di registro con aliquota al 9% invece del 2%.
L’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 357 del 30 agosto 2019, avente ad oggetto “Applicabilità anche ad immobili classificati come ‘collabenti’ delle agevolazioni fiscali previste per la ‘prima casa’ – Articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 – Interpello articolo 11, comma a), legge 27 luglio 2000, n. 212″, ha dettato un indirizzo chiaro, andando ad escludere la soluzione che fino a quel momento si era spesso tentata per usufruire delle agevolazioni anche in tali situazioni.
Infatti in molte occasioni si era soliti inserire nel rogito l’impegno a ristrutturare l’immobile e renderlo abitabile entro 18 mesi dalla registrazione dell’atto di trasferimento della proprietà e a stabilirvi, entro lo stesso termine, la propria residenza, applicando per analogia la normativa relativa agli immobili in corso di costruzione.
L’Agenzia delle Entrate ha fondato la propria decisione sul tenore letterale dell’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, che prevede ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 2 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso in cui si dovrà stabilire la propria residenza; deve trattarsi, pertanto, di unità immobiliari che, sulla base di criteri oggettivi, “risultino astrattamente idonee al concreto soddisfacimento di esigenze abitative (cfr. Risoluzione 1° agosto 2017, n. 107)”, ovvero i fabbricati censiti nel Catasto dei Fabbricati nella tipologia abitativa (categoria catastale A).
La risposta dell’Agenzia delle Entrate n. 357 del 30 agosto 2019
La Sig.ra Tizia intende acquistare un immobile collabente – categoria F/2 (ovvero quattro trulli diroccati con annesso pollaio e deposito), e procedere alla ristrutturazione dello stesso entro 18 mesi dall’acquisto per adibirlo ad abitazione principale.
Tanto premesso, chiede chiarimenti in ordine all’applicabilità, anche ad immobili classificati come ‘collabenti’, delle agevolazioni fiscali previste per la ‘prima casa’.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate è stata la seguente: “Il legislatore intende agevolare non già progetti futuri bensì l’attuale e concreta utilizzazione dell’immobile acquistato come propria abitazione.
Configurandosi nella fattispecie rappresentata un’ipotesi di inidoneità assoluta ed oggettiva all’utilizzo dell’immobile abitativo che si intende acquistare, si ritiene che l’istante non sia legittimato a fruire delle agevolazioni ‘prima casa’, poiché l’immobile in questione non può essere equiparato ad un immobile in corso di costruzione”.
Un caso pratico
Se Tizio comprasse un rudere accatastato come fabbricato collabente con idea di ristrutturalo e trasformarlo in un casolare dovrebbe calcolare le imposte sul prezzo (ipotizziamo 150.000,00 euro) pertanto l’atto sarebbe soggetto ad una imposta di registro pari ad euro 13.500,00 senza la possibilità di usufruire delle agevolazioni prima casa. Se invece fosse accatastato come A/3 (ipotizziamo con rendita di euro 255,65), pagando il medesimo prezzo di euro 150.000,00, Tizio andrebbe a versare le imposte calcolandole sulla rendita catastale rivalutata e l’atto sarebbe soggetto al versamento di euro 1.000,00.
In realtà il calcolo esatto porterebbe, nel caso di agevolazioni prima casa, a una imposta di euro 591, ma la soglia minima dell’imposta è pari ad euro 1.000,00.
Se invece la predetta agevolazione “prima casa” non fosse fruibile, il calcolo porterebbe alla determinazione di una imposta pari ad euro 2.900,00.
Occorre poi considerare che nel caso dei fabbricati collabenti l’Agenzia delle Entrate potrebbe entrare nel merito del prezzo indicato nell’atto, potendo eccepire che il bene ha un valore superiore e rideterminando, di conseguenza, le imposte da versare; al contrario, nella seconda ipotesi l’Ente accertatore non potrà mai entrare nel merito del prezzo dato che le imposte sono calcolate sulla rendita catastale.
Tali differenze possono risultare dirimenti nel momento in cui si deve scegliere il bene da acquistare, sia per le maggiori imposte da versare, sia per il rischio di entrare in un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate in merito alla determinazione del valore del bene.