Superbonus 110% e spese ammissibili: come funziona in caso di rudere crollato?
L’Italia è ricca di casali bellissimi che, purtroppo, versano in stato di abbandono, ideali per essere ristrutturati e per farne seconde case per le vacanze.
Ogni regione ha le sue tipologie caratteristiche: porticati, con pietrame a vista, in mattoncini, a torre o a corte. Possono essere ristrutturati anche a titolo di investimento, visto il periodo di incertezza che stiamo attraversando, oppure solo per conservare la memoria del tempo che fu.
Superbonus 110%: occhio agli interventi agevolabili
La possibilità di beneficiare dei bonus fiscali, del superbonus 110% in particolare, in chiave eco o sisma, in questi casi può fare la differenza. Tuttavia bisogna fare attenzione, bisogna sapere prima quali sono i lavori che rientrano – e quali no – nelle agevolazioni, per evitare amare sorprese. Soprattutto se l’edificio è allo stato di rudere non è facile stabilire quali sono “i costi strettamente correlati agli interventi agevolabili” per i quali vale il “principio assorbente”.
Su questo argomento l’Agenzia delle Entrate è sempre rimasta un po’ sul generico. Ha più volte chiarito che rientrano in detrazione tutti i costi strettamente collegati alla realizzazione dei lavori agevolabili, a condizione che l’intervento a cui si riferiscono sia effettivamente realizzato. Poi ha sempre detto che “l’individuazione delle spese connesse deve essere effettuata da un tecnico abilitato”, ma non è mai andata a dettagliare le cose in modo specifico, soprattutto per il Sismabonus.
Ne consegue che, qualora il professionista abilitato attesti la correlazione con i lavori agevolati, le relative spese possono essere “automaticamente” ammesse alla detrazione fiscale, sempre che un domani, in caso di controllo, un tecnico “statale” non la pensi in modo diverso.
Questo vuoto risulta particolarmente insidioso soprattutto quando l’intervento prevede la demolizione e la ricostruzione dell’edificio, tanto più se esso è allo stato di rudere. In questi casi infatti è difficile stabilire se sia corretto applicare un “criterio di valore” oppure “di analogia” con l’edificio preesistente per decidere quali opere possono rientrare e quali vanno escluse.
Un caso pratico
Ipotizziamo che il signor X debba effettuare un intervento di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione di un vecchio rudere.
Supponiamo che il suo architetto sia riuscito a definirne la forma, le dimensioni e le caratteristiche dello stato preesistente grazie a fotografie storiche e a precedenti rilievi. In base a testimonianze e agli accatastamenti di primo impianto ammettiamo che l’edificio fosse, in origine, costituito da tre unità immobiliari residenziali e da due pertinenze.
Tuttavia esso si trova in area soggetta a vincoli paesaggistici che impongono la conservazione delle caratteristiche tipologiche, tra cui le pareti perimetrali in pietra a “faccia vista”, da realizzare con materiali tipici del luogo.
Per ottemperare a quest’ultima prescrizione, dovendo rispettare anche i requisiti energetici e antisismici, il tecnico del signor X propone di realizzare pareti con la seguente stratigrafia:
- sul lato interno una struttura tradizionale a travi e pilastri con tamponamento in laterizio;
- in mezzo uno strato di materiale isolante;
- all’esterno una contro parete di rivestimento con il pietrame di recupero.
Ora però il signor X ha paura di sbagliare, sapendo di essere il diretto “responsabile fiscale” dell’intervento agevolato e si pone due domande “molto semplici”:
- è possibile portare in detrazione con il Sismabonus anche le spese inerenti alla realizzazione del rivestimento in pietrame che, di fatto, è un’opera non strutturale che raddoppia i costi di esecuzione dell’involucro?
- le spese sostenute per la realizzazione degli impianti (elettrico/idraulico, smaltimento acque reflue, sanitari, scale interne, ecc) che ad oggi non sono presenti, possono essere agevolate con la detrazione “Superbonus 110% sismico”?
Risposta al primo quesito (agevolazioni per eseguire rivestimento in pietra)
La realizzazione di un rivestimento in pietrame di recupero effettivamente è opera impegnativa e costosa, e non apporta benefici ne sul piano strutturale, trattandosi di muratura non portante, ne dal punto di vista energetico.
Nel caso specifico, tuttavia, si tratta di una lavorazione “obbligatoria”, prescritta dai vincoli di zona e quindi inevitabile ai fini della corretta ricostruzione dell’edificio. Tantomeno si potrebbe pensare di evitare la sottostante struttura tradizionale in cemento armato, stante l’impossibilità di soddisfare le verifiche sismiche prescritte dal DM17/01/2018 utilizzando una struttura in muratura ordinaria.
Pertanto, a parere dello scrivente, le spese sostenute per la realizzazione del rivestimento in pietra potranno essere agevolate con la detrazione “Superbonus 110% sismico”, in quanto opere strettamente collegate alla realizzazione dell’intervento di ristrutturazione.
A supporto di questa tesi, si richiamano i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate sul cosiddetto “principio assorbente”, in virtù del quale l’intervento di categoria superiore assorbe quelli di categoria inferiore ad esso collegati o correlati.
Dalla lettura dei documenti di prassi si evince che tale principio assorbente si applica agli interventi collegati/correlati necessari per completare l’intervento edilizio nel suo insieme, a prescindere dalla rilevanza o meno della singola lavorazione “assorbita” ai fini del miglioramento sismico.
Si riportano alcuni stralci della prassi relativa all’argomento, evidenziando in particolare la risposta all’interpello n. 121/2021 che esplicitamente menziona le “spese di manutenzione ordinaria e straordinaria necessarie al completamento dell’intervento di demolizione e ricostruzione”.
A tale proposito la circolare n.30/E/2020, pag. 33, richiamata anche nella risposta a interpello n. 175/2021, afferma: “Quando si esegue un intervento antisismico ammesso al Superbonus sono agevolabili anche le spese di manutenzione ordinaria o straordinaria, ad esempio, per il rifacimento delle pareti esterne e interne, dei pavimenti, dei soffitti, dell’impianto idraulico ed elettrico necessarie per completare l’intervento nel suo complesso”.
Il principio è ribadito dalla risposta a interpello n.455/2020, pag. 8: “per gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche vale il principio secondo cui l’intervento di categoria superiore assorbe quelli di categoria inferiore ad esso collegati o correlati. Pertanto, il Superbonus si applica, ad esempio, nel limite complessivo di spesa previsto (nel caso di specie 96.000 euro), anche alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria necessarie al completamento dell’intervento di demolizione e ricostruzione”.
I suddetti estratti di prassi parlano esplicitamente di “completare l’intervento nel suo complesso”, per questo si ritiene che anche i costi per l’esecuzione di un’opera non strettamente strutturale, come un rivestimento in pietra (o in altri materiali), se presente nello stato ante operam e tanto più se prescritta in sede di rilascio dei titoli abilitativi, possa essere inserita tra quelle agevolabili.
Risposta al secondo quesito (agevolazioni per eseguire impianti)
A proposito della possibilità di agevolare le spese sostenute per la realizzazione degli impianti (elettrico/idraulico, smaltimento acque reflue, sanitari, scale interne, ecc), non presenti nel rudere, la prassi risulta contraddittoria.
A favore del “SI” occorre considerare che la stessa definizione di “manutenzione straordinaria” comprende gli interventi di carattere innovativo, come ben evidenziato dalla Circolare 24 febbraio 1998 n. 57, paragrafo 3.4: “La manutenzione straordinaria si riferisce ad interventi, anche di carattere innovativo, di natura edilizia ed impiantistica finalizzati a mantenere in efficienza ed adeguare all’uso corrente l’edificio e le singole unità immobiliari, senza alterazione della situazione planimetrica e tipologica preesistente, e con il rispetto della superficie, della volumetria e della destinazione d’uso. La categoria di intervento corrisponde quindi al criterio della innovazione nel rispetto dell’immobile esistente”.
La possibilità che la manutenzione straordinaria possa comprendere anche interventi di carattere innovativo, e non il mero rifacimento dell’esistente, è stata quindi riconosciuta dall’Amministrazione Finanziaria sin dai primi documenti di prassi in tema di bonus edilizi.
Tale principio è stato successivamente ribadito anche in altri documenti, tra i quali si cita la Circolare n. 7/E del 25 giugno 2021, a pag. 317, nella parte in cui comprende tra gli interventi di manutenzione straordinaria la “realizzazione ed integrazione di servizi igienico-sanitari senza alterazione dei volumi e delle superfici, compresi anche quelli relativi alla costruzione della rete fognaria fino alla rete pubblica, realizzati con opere interne o esterne”.
Si richiamano, ulteriormente, i documenti di prassi già citati al punto precedente, evidenziando in particolare la risposta all’interpello n. 121/2021 in cui vengono ammesse al “Superbonus 110% sismico” le spese sostenute per la (nuova) realizzazione degli impianti – reflui, adduzione e riscaldamento – a servizio del fabbricato da demolire e ricostruire.
Nello stesso senso, infine, anche la risposta all’interpello n. 59/2022, in cui vengono agevolate con la detrazione in commento le spese sostenute per la (nuova) realizzazione degli impianti elettrico, idraulico, di smaltimento reflui e di adduzione d’acqua.
A favore del “NO” occorre considerare i contenuti della circolare 24/E del 2020 che, al punto 5, a proposito di “ALTRE SPESE AMMISSIBILI AL SUPERBONUS”, specifica quanto segue “La detrazione, inoltre, spetta anche per talune spese sostenute in relazione agli interventi che beneficiano del Superbonus, a condizione, tuttavia, che l’intervento a cui si riferiscono sia effettivamente realizzato. Si tratta, in particolare… degli altri eventuali costi strettamente collegati alla realizzazione degli interventi (ad esempio, le spese relative all’installazione di ponteggi, allo smaltimento dei materiali rimossi per eseguire i lavori, l’imposta sul valore aggiunto qualora non ricorrano le condizioni per la detrazione, l’imposta di bollo e i diritti pagati per la richiesta dei titoli abilitativi edilizi, la tassa per l’occupazione del suolo pubblico pagata dal contribuente per poter disporre dello spazio insistente sull’area pubblica necessario all’esecuzione dei lavori)”.
È evidente quindi che sia nel criterio generale offerto dalla circolare 24/E, sia nella specifica elencazione, non vi è alcun riferimento ad opere che non siano strettamente correlate “agli interventi che beneficiano del Superbonus”, che potrebbero essere intesi in senso restrittivo come interventi di efficientamento antisismico o energetico.
Su questo punto sarebbe opportuno un chiarimento ufficiale da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Determinazione dei limiti di spesa
L’edificio di cui al caso iniziale risulta costituito da tre unità immobiliari residenziali e da due pertinenze facenti parte della medesima “unità strutturale”.
Pertanto i limiti di spesa “Sismabonus” saranno i seguenti:
- per opere inerenti alla ricostruzione delle parti comuni strutturali, euro 96.000*5, ovvero euro 480.000, spendibili al 110% entro il 31 dicembre 2023 e, successivamente, con percentuali di detrazione decrescente;
- per opere inerenti alla ricostruzione delle parti “private” [senza dubbio di difficile individuazione nel caso di un immobile diruto], e sulle due pertinenze delle unità immobiliari, euro 96.000*3, ovvero euro 288.000.
Ciò in quanto “Le spese relative ai lavori sulle parti comuni dell’edificio, essendo oggetto di un’autonoma previsione agevolativa, devono esser considerate, dal condomino o dall’unico proprietario dell’intero edificio, in modo autonomo ai fini dell’individuazione del limite di spesa detraibile” (Circolare 7/E del 25/6/2021, pag. 312).