Se non è possibile sanarli devono essere demoliti e, ovviamente, i relativi lavori non possono avere accesso ad alcun tipo di detrazione fiscale.
Questi però rappresentano dei casi limite, rari da incontrare nella pratica professionale, a differenza di quanto avviene per quelli con piccole difformità, che invece sono frequentissimi. Anzi, si può dire che sono quasi la regola. Può trattarsi di semplici verande chiuse in modo illegittimo, di modifiche alle pareti interne, oppure di abusi realizzati dal costruttore originario, che magari aveva arrotondato qualcosa.
Se queste difformità rientrano nelle cosiddette “tolleranze costruttive” non c’è nessun problema, ne dal punto di vista edilizio ne per i bonus fiscali. Se invece la differenza fuoriesce dalle tolleranze bisogna stare attenti, perché è precluso l’accesso alle agevolazioni, tranne quelle in versione “super”.

Cosa sono le tolleranze costruttive

Quando si parla di difformità edilizie, soprattutto se ci sono di mezzo i bonus fiscali, bisogna innanzitutto avere chiaro cosa sono le tolleranze, che rappresentano una sorta di “franchigia”, convenzionalmente fissata nel 2%, tra le misure previste nel titolo abilitativo e quelle effettivamente realizzate.
La ratio deriva dalla consapevolezza che il cantiere non è mai stato una farmacia (ne lo sarà mai), e la precisione millimetrica non gli appartiene.
Pertanto, per effetto di semplici fuori squadro o di inevitabili errori accidentali, le misure possono essere affette da imprecisioni, che sono, appunto, tollerate se di “minima entità”.
Il riferimento normativo è rappresentato dal Decreto legge 76/2020, convertito dalla legge 120/2020, che ha introdotto l’articolo 34 bis del DPR 380/2001 rubricato “Tolleranze costruttive”, che recita “Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo”.
La soglia del 2% riguarda tutte le misure del fabbricato ed è un limite fisso e inderogabile, non “all’incirca”. Quindi se un lato, da progetto, doveva essere 5.00m, in opera potrà risultare al massimo 5.10m. Se, per qualunque motivo, risultasse 5.11m, tale la difformità non rientrerebbe più nelle tolleranze e andrebbe per forza sanata prima di effettuare altre opere edilizie o prima di eventuali atti di trasferimento.

Superbonus 110% per immobili con difformità edilizie

Dal 1° giugno 2021, per tutti gli interventi che possono beneficiare del super bonus 110%, va presentata in Comune la cosiddetta Cila-superbonus, tranne per le demolizione e ricostruzioni.
Nella Cilas, devono essere attestati alternativamente:

– gli estremi del titolo abilitativo (ad esempio, il numero di licenza edilizia);

– gli estremi del provvedimento che ha legittimato il manufatto (sanatoria, sanzione pecuniaria);

– la circostanza che la costruzione sia stata completata prima del 1° settembre 1967.

Ai fini delle attestazioni richieste nella CILAS quindi, è sufficiente che la costruzione dell’immobile sia iniziata in modo legittimo, indipendentemente da ciò che è avvenuto in epoca successiva.
Diverso il caso in cui l’intervento previsto riguardi contemporaneamente lavori agevolati con il super bonus e lavori diversi, come ad esempio la modifica dimensionale delle aperture, l’impiego di prodotti termoisolanti non certificati, gli ampliamenti volumetrici.
In tali circostanze, per l’intero intervento, occorre fare riferimento al regime amministrativo ordinario per cui, a seconda dei casi, sarà necessario presentare una Scia o un permesso di costruire, oltre alla Cilas e quindi le deroghe previste per il Superbonus servono a poco, dovendo comunque certificare la regolarità edilizia dell’immobile per legittimare le altre opere.

Bonus ordinari per immobili con difformità edilizie

Se per il Superbonus valgono le deroghe sopra enunciate, altrettanto non si può dire per i bonus ordinari, quali ad esempio il bonus facciate, il bonus casa, il Sismabonus.
Per essi resta valido l’art. 49 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, in base al quale “gli interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, né di contributi o altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici.
Il contrasto deve riguardare violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che eccedano per singola unità immobiliare il due per cento delle misure prescritte”.

Riassumendo…

Se l’intervento riguarda opere interamente agevolabili mediante il Superbonus 110% (ad esempio la realizzazione del cappotto su un edificio residenziale) si può soprassedere al problema della legittimità dello stato attuale dell’immobile, poiché non è richiesto di dichiarare alcunché nella CILAS.
In tutti gli altri casi occorre che l’immobile risulti legittimo dal punto di vista edilizio, impiantistico e strutturale.
Ma bisogna fare attenzione, perché l’art. 119, comma 13-quater del Decreto Rilancio, lo stesso che ha concesso la deroga nel caso di Superbonus, aggiunge “…resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell’immobile oggetto di intervento”.
Nonostante ormai due anni di applicazione e mille interpretazioni, nessuno ha chiarito come possa esattamente conciliarsi questo generico disclaimer con il regime semplificato previsto per la CILAS.