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Superbonus e bonus edilizi. Il condominio non è legittimato a “chiedere i danni”
Recenti sentenze introducono due concetti innovativi. Sono legittimati a chiedere i danni derivanti da perdita di chance solo i singoli condòmini. Il danno non dipende dall’importo dell’appalto.
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Sta sempre più prendendo forma la giurisprudenza relativa alle detrazioni edilizie e al Superbonus, ma non senza complicazioni. Due recenti sentenze, in particolare, introducono due principi del tutto nuovi e dei quali occorre tener conto:
1) Il soggetto legittimato a “chiedere i danni” derivanti da perdita di chance non è il condominio ma sono i singoli condòmini
2) L’entità del rimborso non deve essere commisurata all’importo dell’appalto, ma bensì all’incremento di valore che avrebbe avuto l’immobile se fossero stati fatti i lavori.
Il soggetto legittimato a “chiedere i danni” non è il condominio
La recente sentenza n. 21 del 7 gennaio 2025 del Tribunale di Monza ha affrontato una problematica legata al Superbonus 110%, in particolare in relazione a un caso di inerzia da parte dell’amministratrice di un condominio che ha impedito l’avvio della pratica.
In base alla delibera assembleare, l’amministratrice avrebbe dovuto affidare incarichi tecnici per eseguire le necessarie verifiche urbanistiche e rendere possibile l’accesso alla detrazione fiscale.
Tuttavia, la sua inattività per ben 13 mesi ha comportato la perdita dell’opzione dello sconto in fattura, come stabilito dal Decreto Legge 11/2023, obbligando così il condominio a sostenere l’intero importo dell’appalto, superiore al milione di euro.
Nel contesto della causa il condominio ha richiesto un risarcimento pari all’intero importo perso, ma il Tribunale ha respinto la domanda, ritenendo che il danno dovesse essere considerato a livello individuale, e non collettivo.
La decisione si basa su una lettura della normativa, in particolare sulla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 24/2020, che stabilisce che ogni singolo condòmino può decidere autonomamente come fruire del Superbonus, scegliendo tra l’utilizzo diretto della detrazione, la cessione del credito o lo sconto in fattura.
Di conseguenza, in caso di errore o negligenza dell’amministratore, la perdita di opportunità non graverà sul condominio nel suo complesso, ma sui singoli condòmini che avrebbero dovuto beneficiare delle “opzioni alternative” e quindi, secondo questa lettura, il soggetto legittimato a “fare causa” non è il condominio ma sono i singoli condomini interessati.
Il rischio dell’inerzia da parte dei condòmini
Un altro aspetto cruciale che emerge dalla sentenza del Tribunale di Monza riguarda la responsabilità non solo dell’amministratore, ma anche dei condòmini. Sebbene quest’ultimo abbia avuto un ruolo fondamentale nell’iniziare e gestire la pratica del Superbonus, il Tribunale ha sottolineato che anche i condòmini hanno una certa responsabilità nel monitorare l’operato dell’amministratore.
In particolare, il Tribunale ha rilevato che durante il lungo periodo di inerzia (13 mesi), i condòmini non avevano sollecitato l’amministratrice né richiesto chiarimenti sull’avanzamento della pratica, tanto che la revoca dell’incarico è avvenuta solo dopo più di un anno. In sostanza, la negligenza dei condòmini nell’esercitare un controllo attivo ha contribuito a interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell’amministratore e il danno subito dal condominio.
Questo aspetto solleva una riflessione importante per le assemblee condominiali: in presenza di situazioni simili, è fondamentale che i singoli condòmini si attivino per sollecitare l’amministratore e impedire che il danno si concretizzi.
Infatti, l’assenza di attivazione tempestiva da parte dei condòmini potrebbe, in futuro, portare alla negazione del risarcimento, poiché sarà difficile dimostrare che il danno sia stato causato esclusivamente dall’inerzia dell’amministratore.
L’entità del rimborso dipende dall’incremento di valore che avrebbe avuto l’immobile se fossero stati fatti i lavori
Inoltre, il Tribunale di Milano, nella sentenza n. 356 del 15 gennaio 2025, ha recentemente esaminato una situazione simile, in cui un condomino aveva richiesto un risarcimento per il mancato accesso al Superbonus a causa della negligenza di un’impresa appaltatrice.
In quel caso il giudice ha deciso di ridurre l’importo del risarcimento, collegandolo non al costo delle opere non eseguite (ritenendo che il Superbonus ha “gonfiato” i prezzi), ma al valore di mercato dell’immobile e all’ incremento di valore che l’edificio avrebbe avuto grazie agli interventi previsti.
Questa valutazione ha determinato un risarcimento di 60.000 euro rispetto ai 190.000 euro richiesti, dimostrando così implicitamente che il danno patrimoniale derivante dall’inerzia non sempre coincide con l’importo delle opere non realizzate.
Emerge dunque una difficoltà ulteriore: come stimare il “valore potenziale” dell’edificio? Si tratta di una attività caratterizzata da un elevato livello di tecnicismo, che deve prendere in esame tutta una serie di fattori tra loro correlati.
È evidente infatti che non tutte le opere (o le mancate opere) incidono in egual misura sul valore dell’immobile.
Si pensi al rifacimento di una facciata, che risulta sicuramente più impattante (in termini di “mercato”), rispetto al consolidamento statico delle fondazioni (opere utilissima ma poco “percepibile”).