Superbonus e variazioni catastali: un aspetto trascurato
L’aggiornamento catastale del caseggiato può risultare necessario anche nei casi in cui si sono eseguite opere “semplici”, come ad esempio il cappotto termico.
La gestione delle pratiche legate al Superbonus ha rappresentato una vera e propria corsa contro il tempo per amministratori, tecnici e condomini. La necessità di rispettare scadenze sempre più stringenti e di garantire l’accesso a un incentivo tanto vantaggioso ha portato a focalizzarsi sulle opere principali, trascurando spesso aspetti altrettanto importanti.
Tra questi, spicca la questione dell’aggiornamento catastale degli immobili a seguito degli interventi effettuati.
Questo problema riguarda soprattutto i condomini, dove l’elevato numero di unità immobiliari coinvolte e la complessità delle opere eseguite amplificano le difficoltà di gestione. Inoltre, il fatto che l’aggiornamento catastale non sia strettamente collegato all’ottenimento delle detrazioni ha portato molti a considerarlo superfluo, quando invece può rappresentare un nodo cruciale nella regolarità della gestione immobiliare.
Perché il catasto è stato trascurato durante la corsa al Superbonus?
La normativa sul Superbonus non impone esplicitamente di aggiornare il catasto dopo l’esecuzione dei lavori. Questo ha spinto molti amministratori e General Contractor a concentrarsi sul rispetto dei requisiti necessari per ottenere l’incentivo, lasciando in secondo piano aspetti apparentemente secondari, come la verifica della rendita catastale.
La situazione è stata aggravata dalla struttura stessa dei contratti stipulati con i General Contractor. Questi ultimi, incaricati di coordinare gli interventi e di garantire il raggiungimento degli obiettivi di efficientamento energetico o antisismico, raramente includevano tra i propri compiti anche l’aggiornamento catastale.
Nei casi migliori, si sono occupati di tutte le pratiche tecniche e amministrative necessarie per accedere alle agevolazioni; nei peggiori, si sono limitati a realizzare le opere entro i termini previsti, senza preoccuparsi degli adempimenti successivi.
Di conseguenza, molti condomini si trovano oggi in una situazione di potenziale irregolarità catastale, soprattutto nei casi in cui le opere abbiano comportato un aumento della rendita, anche senza modificare la consistenza dell’immobile.
La stretta dell’Agenzia delle Entrate: cosa prevede la normativa
La Legge di Bilancio 2023 (art. 1, commi 86 e 87, L. n. 213/2023) ha conferito all’Agenzia delle Entrate il potere di individuare gli immobili che, avendo beneficiato degli interventi agevolati, non risultano aggiornati dal punto di vista catastale.
L’Agenzia procederà inviando lettere di compliance ai contribuenti che, sulla base delle informazioni disponibili, non hanno presentato il Docfa, la dichiarazione di variazione dello stato degli immobili. Questa dichiarazione, prevista dal DM 701/1994, è obbligatoria entro 30 giorni dalla fine dei lavori e serve a registrare eventuali modifiche alla rendita o alla consistenza delle unità immobiliari.
Nella relazione di fine anno, il Direttore uscente dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, ha annunciato che il monitoraggio si baserà su un confronto tra le comunicazioni di cessione dei crediti Superbonus e la banca dati catastale. In pratica, saranno individuati gli immobili che presentano discrepanze tra le opere realizzate e i dati catastali.
Casi certi e casi dubbi: quando è obbligatorio aggiornare il catasto?
Esistono alcune situazioni in cui l’obbligo di aggiornamento catastale è chiaro e inequivocabile. Tra queste rientrano:
- Ampliamenti e sopraelevazioni;
- Modifiche interne che determinano un aumento del numero di vani;
- Cambi di destinazione d’uso.
Tuttavia, molti interventi realizzati con il Superbonus non comportano modifiche evidenti alla consistenza dell’immobile, ma determinano comunque un aumento della rendita catastale.
Pensiamo, ad esempio, all’installazione di pannelli fotovoltaici, alla sostituzione degli infissi o all’adozione di un cappotto termico: opere che migliorano il valore qualitativo dell’immobile senza modificarne la struttura.
In questi casi, la normativa non offre criteri espliciti per stabilire quando sia obbligatorio presentare il Docfa. Secondo la prassi operativa, si considera necessario procedere se l’1% del costo dei lavori, attualizzato al 1988, supera del 15% la rendita catastale preesistente.
Questo criterio, tuttavia, non è codificato a livello normativo e lascia ampi margini di discrezionalità. Ciò significa che la valutazione dell’obbligo di variazione catastale può variare in base al tecnico incaricato o all’interpretazione dell’Agenzia stessa, aprendo la strada a contenziosi.
Gestione delle pratiche catastali nei condomini: sfide e soluzioni
Le realtà condominiali sono quelle più esposte a questa problematica. In un condominio, infatti, ogni unità immobiliare deve essere analizzata singolarmente per verificare se le opere eseguite abbiano determinato o meno un obbligo di aggiornamento catastale. Questo comporta un notevole carico di lavoro, soprattutto per i tecnici incaricati di effettuare le verifiche.
Inoltre, il fatto che nei contratti con i General Contractor non fosse generalmente prevista la gestione catastale ha creato una lacuna operativa. Molti amministratori di condominio, che ritenevano di aver concluso l’iter amministrativo al termine dei lavori, si trovano ora a dover avviare ulteriori verifiche e, in alcuni casi, a regolarizzare situazioni di cui non erano nemmeno a conoscenza.
Anche nei casi “certi”, dove le opere effettuate rientrano chiaramente tra quelle che richiedono la presentazione del Docfa, la pressione esercitata dalle scadenze del Superbonus può aver portato a trascurare questo adempimento. L’obiettivo primario era completare i lavori in tempo per accedere all’incentivo, sacrificando dettagli apparentemente marginali come l’aggiornamento catastale.