Il 31 dicembre 2024 non segnerà la parola fine alle detrazioni per la realizzazione di interventi di efficientamento energetico e sismico. Nonostante la formulazione attuale delle norme preveda la scadenza a fine 2024 di Ecobonus (DL 63/2013, art. 14) e Sismabonus (DL 63/2013, art. 16), infatti, il disegno di legge di bilancio 2025 che l’Esecutivo ha consegnato al Parlamento prevede una proroga delle due misure fino al 2027.

Ecobonus e Sismabonus 2025: le condizioni per le detrazioni al 50%

La bozza, però, ridisegna la “generosità” dei benefici, diminuendone l’aliquota al 36% per le spese del 2025 e al 30% per quelle del 2026 e 2027. Come si legge in giro, lo stesso disegno di legge intende “potenziare” detta percentuale nel caso in cui i lavori siano realizzati sulla c.d. “prima casa” del contribuente.

Ma è davvero così?

La norma, è vero – sempre se sarà approvata a fine anno – innalza al 50% i due bonus per il 2025, ma solo nel caso in cui l’unità immobiliare risulti “adibita ad abitazione principale”. Una nozione ben diversa da quella di “prima casa”, che impone di indagare la giurisprudenza a riguardo, vista anche la recente sentenza n. 209/2022 con cui la Corte Costituzionale ha adattato all’attualità il concetto di abitazione principale.

La nozione di “prima casa”

Dal punto di vista fiscale, quando ci si riferisce a una “prima casa” non si intende necessariamente quella in cui il contribuente dimora con la sua famiglia.

Piuttosto, il concetto intende richiamare la prima casa acquistata, nel senso che il cittadino non ne possiede altre, essendo poi richiesto che egli risieda nel comune in cui si trova l’immobile (dunque non necessariamente a tale indirizzo), o svolga nello stesso comune la propria attività lavorativa. Al massimo, è consentito stabilire la residenza nel comune entro 18 mesi dall’acquisto dell’immobile.

Sono questi, in estrema sintesi, i requisiti individuati dal DPR 131/1986 per accedere alle agevolazioni sulle imposte ipotecarie, catastali e di registro nel caso di acquisto, appunto, di una “prima casa”.

La nozione di “abitazione principale”

Ma come detto, la bozza di legge di bilancio non si riferisce alle prime case nel maggiorare Ecobonus e Sismabonus, cosicché per accedere alle percentuali più elevate non sarà sufficiente il requisito della residenza nel comune in cui si trova l’immobile. Anzi, persino risultare residenti all’indirizzo specifico dell’immobile potrebbe non essere abbastanza, dovendo prevalere la situazione concreta.

La nozione di abitazione principale citata dalla bozza è infatti legata a una situazione di dimora abituale, come emerge innanzitutto dalla definizione contenuta nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi (art 15: “Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente”).

Basta quindi che un solo componente del nucleo viva concretamente nell’immobile per definirlo abitazione principale, anche se alcune pronunce si discostano da tale ricostruzione. È il caso della sentenza n. 38723/2021 della Cassazione, che ha ad esempio specificato che occorre che i coniugi coabitino nell’immobile. Eppure, altre pronunce offrono un’interpretazione più larga, come la sentenza n. 13062/2017 sempre della Suprema Corte, che ha affermato che “per abitazione principale non deve necessariamente intendersi quella di residenza anagrafica, atteso che la norma introduce una presunzione relativa che può essere superata dal contribuente mediante la prova contraria circa l’effettivo utilizzo quale dimora abituale […] di altro immobile non coincidente con quello di residenza”.

Le analogie con l’IMU

Il tema della definizione di “abitazione principale” è stato affrontato soprattutto in relazione all’IMU, imposta dalla quale risultano esenti proprio gli immobili adibiti a tal fine. In base all’art. 1, co. 741, lett. b), della L. 160/2019, infatti, l’abitazione principale è considerata come l’unità in cui il contribuente risiede anagraficamente e dimora abitualmente. Dunque, sembra necessario, soddisfare il doppio requisito tanto della residenza formale quanto della dimora abituale affinché l’abitazione sia qualificabile come “principale”, anche ai fini della materia – comunque fiscale al pari dell’IMU – dei bonus edilizi.

Più immobili come abitazione principale

Un importante chiarimento sull’abitazione principale è giunto di recente con la sentenza n. 209/2022 della Corte Costituzionale, sempre in tema di IMU. In questa, infatti, si legge che “in un contesto come quello attuale, caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, […] rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale”.

Sulla base di questa considerazione, in sintesi, la Corte ha specificato che non è necessario che l’intero nucleo familiare viva e sia residente nello stesso immobile per considerarlo “abitazione principale” ai fini dell’esenzione IMU. Anzi, se due soggetti (anche coniugati) risiedono e dimorano in due immobili diversi, l’esenzione li riguarderà entrambi. In sostanza, da tale “aggiornamento” della definizione di abitazione principale emerge come, ai fini dei bonus edilizi, ogni situazione andrà valutata nelle proprie specificità, tenendo bene a mente le differenze tra “prima casa” e “abitazione principale”.

Il caso del Sismabonus-acquisti

Quanto sinora evidenziato, infine, porta a galla una difficoltà per quanto riguarda quella versione del Sismabonus dedicata non a chi realizza i lavori antisismici ma a chi acquista un immobile che ne è stato oggetto direttamente dal costruttore. Si tratta del Sismabonus-acquisti (DL 63/2013, art. 16, co. 1-septies), anch’esso rimodulato dalla bozza di manovra finanziaria negli stessi termini della sua versione “ordinaria”.

Ebbene, com’è possibile soddisfare il requisito dell’aver adibito l’immobile ad abitazione principale, così da ottenere la maggiorazione al 50%, se la detrazione matura solo al momento dell’acquisto dell’immobile? Come può, cioè, l’acquirente avervi già stabilito residenza e dimora abituale se non è ancora in possesso dell’unità?

Ancora una volta, insomma, le norme generano un cortocircuito rispetto alla realtà pratica. Se tale “intoppo” non sarà superato con una riscrittura della disposizione in sede di sua approvazione definitiva, saranno allora da valutare alcune “strategie” per evitare contestazioni sulla corretta spettanza del bonus al 50%.