Super-Sismabonus e interventi di rinforzo fatti solo per avere più possibilità: è abuso del diritto?
Eseguire lavorazioni “fini a sé stesse” per aumentare le possibilità di risparmio fiscale può generare situazione tecniche complesse, in cui i lavori non conseguono materialmente i risultati richiesti per l’accesso alle detrazioni.
Da ben prima dell’esistenza del Superbonus, il mio condominio ha avuto l’esigenza di realizzare il cappotto termico. Finalmente, nel 2021 ci siamo decisi, vista anche l’opportunità offerta dal Superbonus. Tuttavia, è stato effettuato un intervento un po’ particolare. Premetto che sono un ex muratore in pensione e quindi so di cosa parlo.
Le murature perimetrali della palazzina sono “a cassa vuota”, ovvero costituite da due “fogli” di laterizio, uno interno e uno esterno, con in mezzo una camera d’aria, come si faceva negli anni ’60. L’impresa incaricata ha realizzato uno strato di intonaco armato solo all’esterno, applicando prima la classica retina di materiale plastico e poi il cappotto. Il cappotto è ben fatto, ma ho dei dubbi sulla lavorazione di rinforzo sottostante che, secondo loro, era sufficiente per garantire il cosiddetto effetto antiribaltamento delle pareti in caso di sisma.
Il dubbio mi è venuto anche perché ci è stato spiegato in assemblea che questa lavorazione è stata prevista solo per avere più possibilità fiscali, potendo contare anche sui plafond Sismabonus, stante il fatto che i lavori Ecobonus non coprivano la totalità dei costi.
Secondo me, un solo strato di intonaco esterno non mette in sicurezza la paretina interna, che quindi si può ribaltare in caso di sisma. E se così fosse, il dubbio è che l’aver introdotto questa lavorazione “fine a sé stessa”, non sia regolare o, come sento dire spesso, ricada nei casi di abuso del diritto.
L’esperto risponde
Il quesito è particolarmente complesso, soprattutto alla luce del fatto che non risultano esplicitati i dettagli relativi ai progetti, fondamentali per esprimere un parere preciso.
La descrizione che viene fornita dal gentile lettore, però, tratteggia un intervento che non può essere ritenuto del tutto efficace dal punto di vista sismico, in quanto l’elemento edilizio oggetto dei lavori (la parete perimetrale di tamponamento dell’edificio) non può essere rinforzata solo mediante le opere esterne descritte.
In altre parole, le previsioni dell’ex muratore sono corrette: in caso di sisma la paretina interna può comunque ribaltarsi verso la stanza, anche se non all’esterno.
Sarebbe stato invece più corretto prevedere la realizzazione di connessioni in grado di scongiurare quest’ultimo effetto, tali cioè da collegare anche la paretina di laterizio interna a quella esterna e quindi allo strato di rinforzo ma, essendo il lettore un “addetto ai lavori”, seppure in pensione, è possibile prendere per buone le sue ricostruzioni, in base alle quali pare che tutto ciò non sia stato fatto.
Il problema, dunque, è ampio, e per essere inquadrato deve essere scomposto nelle sue parti.
Occhio alle norme tecniche
Anzitutto, occorre partire da ciò che prevedono le NTC 2018 (norme tecniche per le costruzioni), prima di addentrarsi nei meandri dei bonus fiscali.
Le opere in oggetto ricadono nella categoria dei cosiddetti interventi locali, descritti al p.to 8.4.1 delle NTC, in base alle quali “gli interventi di questo tipo riguarderanno singole parti e/o elementi della struttura”, e ancora, “nel caso di interventi di rafforzamento locale, volti a migliorare le caratteristiche meccaniche di elementi strutturali o a limitare la possibilità di meccanismi di collasso locale, è necessario valutare l’incremento del livello di sicurezza locale”.
Quindi, è corretto intervenire su una porzione limitata dell’edificio come ad esempio le murature di tamponamento, ma è chiaro che l’intervento deve essere tale da evitare meccanismi di “collasso locale” e, tra i documenti che deve produrre il tecnico, deve anche figurare una cosiddetta “valutazione della sicurezza”, che metta a confronto lo stato ante con lo stato post intervento.
Sarebbe pertanto interessante capire come egli abbia ritenuto giustificabile un simile intervento, nell’ottica appunto di dimostrare che esso possa evitare il collasso della parete in caso di sisma.
Laddove questa dimostrazione risulti carente o addirittura assente, è evidente che siamo di fronte a un’irregolarità di natura tecnica prima ancora che fiscale.
E così, a cascata, il problema si ripercuote su tutto il resto.
Contenuti della CILAS e falso in atti
In secondo luogo, sarà fondamentale risalire a quanto dichiarato nel titolo abilitativo dei lavori. Se, infatti, nella CILAS era stato genericamente descritto un intervento antisismico, l’opera di rinforzo eseguita sul solo paramento esterno può esser vista come un’opera realizzata in difformità dal titolo, situazione che può comportare la decadenza dal Superbonus.
Del resto, la CILAS è integrata sempre dalle attestazioni inerenti alle opere che si vanno a realizzare (progetto strutturale e progetto di riduzione dei consumi energetici). Di conseguenza, laddove gli interventi risultino affetti da false attestazioni, automaticamente gli effetti ricadono sulla CILAS stessa.
E non solo, perché gli interventi di tipo antisismico devono essere accompagnati dalla redazione dei moduli previsti dal DM 58/2017. Questi ultimi, in particolare, prevedono in ogni caso, anche laddove non sia previsto alcun salto di classe, come ammesso per accedere al Superbonus, che “gli interventi strutturali progettati consentono una riduzione del rischio sismico della costruzione”.
Se tale riduzione nella realtà non avviene, significa che il suddetto requisito è stato attestato falsamente.
Abuso del diritto
Per capire se i fatti possano configurare abuso del diritto, è necessario mettere a fuoco il funzionamento di tale figura giuridica.
In sintesi, si tratta di una specifica forma di elusione fiscale, caratterizzata dall’utilizzo distorto delle norme tributarie. Si versa nell’abuso quando operazioni che hanno ripercussioni sul piano fiscale risultano prive di sostanza economica e, pur rispettando le norme, realizzano vantaggi indebiti.
È un’arma parecchio potente nelle mani del Fisco, poiché all’interno di tale categoria possono ricadere molteplici casi, e l’attenzione può essere attirata da numerosi indici di “non coerenza”, come la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici alle normali logiche di mercato (Cassazione, sentenza n. 27158/2021).
Tuttavia, in questo caso tale fattispecie non pare configurabile. Come detto, infatti, l’abuso del diritto presuppone la realizzazione di operazioni di per sé lecite, mentre quà, nonostante l’intento di chi ha architettato l’operazione sembri essere elusivo (avendo previsto opere con il solo fine di ottenere un risparmio fiscale), in realtà il “castello” crolla per le problematiche relative alle attestazioni, senza bisogno di scomodare l’abuso del diritto.
Cosa fare
Non è semplice, in caso di controlli fiscali, rilevare anomalie del tipo di quelle descritte. Il Fisco si atterrà infatti ai documenti depositati e difficilmente riuscirà a condurre accertamenti di natura tecnica in loco con sondaggi.
Ma quando ci sono di mezzo i bonus fiscali bisogna essere lungimiranti.
Non si può escludere, ad esempio, che negli anni a venire possa verificarsi un lieve sisma che possa mettere in evidenza i limiti dell’opera, ad esempio lesionando le pareti oggetto di intervento. In tali situazioni, saranno svolti accertamenti di ogni tipo, anche solo per fini assicurativi, e allora sarebbe inevitabile scovare le opere mal fatte. Oppure, anche in assenza di un sisma, l’edificio potrebbe essere oggetto di una perizia, ad esempio nell’ambito di opere di trasformazione successive, con conseguenti rilievi in situ.
Il malcapitato lettore, se è davvero sicuro di ciò che dice e vuole tutelarsi anche rispetto a scenari come quelli appena descritti, dovrà anzitutto richiedere un accesso agli atti in Comune, per verificare, con l’aiuto di un consulente tecnico, ciò che effettivamente prevedevano le carte e come è stato documentato lo stato ante della costruzione, nonché l’efficacia degli interventi.
Poi, dovrà muoversi per gradi, dapprima contestando in sede civile l’errore progettuale e costruttivo ai tecnici e all’impresa. Se il committente scopre che l’edificio è interessato da “vizi e difetti” riconducibili ai lavori, infatti, può rivalersi nei confronti dell’appaltatore. In ogni caso, la contestazione si basa sul non corretto adempimento, da parte dell’appaltatore, degli obblighi previsti nel contratto, che dunque deve essere ben valutato nei suoi contenuti.