Superbonus, frazionamento e moltiplicazione dei massimali: occhio al reato
Dividere un immobile in più unità per aumentare il plafond è lecito, ma il frazionamento deve essere reale e dotato di una sua autonoma sostanza economica. Non basta, per dimostrarlo, che la divisione sia avvenuta prima dell’avvento del Superbonus.
Nel 2020 ho acquistato un immobile che, pochi mesi prima che avvenisse l’acquisto, era stato oggetto di un importante intervento di frazionamento catastale, che aveva portato il numero di unità immobiliari da 4 a 15. In particolare, tale frazionamento è intervenuto prima ancora dell’entrata in vigore del Decreto Rilancio, che ha istituito il Superbonus.
Io, ripeto, ho comprato un immobile che era stato già frazionato ed ho poi eseguito nel 2022 un intervento edilizio meritevole del Superbonus, che mi ha consentito di ottenere una palazzina composta da 6 appartamenti da destinare ad uso della mia famiglia e in parte da affittare.
Adesso, però, mi è venuto il dubbio che in caso di controlli possa essere messa in discussione la liceità del frazionamento, anche se è stato eseguito prima del Decreto Rilancio.
L’Esperto risponde
Quando si pensa al Superbonus si pensa a un tema divisivo. Effettivamente, è dal suo ingresso nell’ordinamento nel lontano 2020 che la normativa che lo regola divide le opinioni e le ricostruzioni di molti addetti ai lavori. Il decreto che lo ha introdotto, vale a dire il DL 34/2020 conosciuto come Decreto Rilancio, è infatti altamente tecnico e “ad incastro”, e la situazione non è stata peraltro del tutto districata nel tempo, essendo anzi intervenute numerose modifiche che hanno finito per stratificarsi.
Il frazionamento si inserisce così tra i vari temi “incerti”, una zona d’ombra su cui si è fatto luce solo parzialmente e che non smette di “stupire”. Che sia possibile per il proprietario dividere un edificio in più unità immobiliari prima di iniziare gli interventi agevolabili con i bonus, è un dato confermato dal Fisco. L’Agenzia delle Entrate lo ha chiarito, ad esempio, nella Circolare n. 23/2022. È lo stesso documento, però, a riservare all’amministrazione ampi spazi di accertamento sull’utilizzo indebito delle agevolazioni, cosicché il contribuente dovrà stare particolarmente attento a non incorrere nell’abuso del diritto. Nel concreto, non si sa quanto “rigidi” possano essere i controlli, ma un’analisi del concetto di “abuso del diritto” aiuta a comprendere se il caso presentato dal gentile lettore presenti, e in che misura, profili di rischio.
Il fatto che l’immobile sia stato frazionato prima dell’entrata in vigore del Decreto Rilancio, come vedremo, non è purtroppo in grado di per sé stesso di escludere una possibile contestazione da parte dell’amministrazione. Ciò che sembra più rilevante è piuttosto la finalità del frazionamento e il suo riscontro pratico nella realtà. Ad essere illegittimo e potenzialmente un reato, cioè, è il frazionamento “fittizio”.
Quando è lecito il frazionamento
Per determinare i massimali di spesa agevolabili con bonus edilizi (a parte quelli di tipo “acquisti”) rileva il numero delle unità immobiliari censite in catasto all’inizio dei lavori. Tale principio, che lega il massimale al numero di unità “di partenza”, è stato espresso dal Fisco in più occasioni, compresa la citata Circolare n. 23/2022. Il documento, però, apre alla possibilità per il contribuente di allargare il plafond suddividendo in più immobili un’unica unità. Nulla vieta, cioè, al proprietario di aumentare il massimale tramite frazionamento, purché ciò avvenga prima dell’inizio dei lavori. Come afferma l’AdE nella Circolare, infatti, “è possibile fruire del Superbonus anche nell’ipotesi in cui, prima dell’inizio dei lavori, il contribuente suddivida in più immobili un’unica unità abitativa”. La strada sembra allora priva di ostacoli, ma subito il Fisco specifica che “resta fermo l’eventuale accertamento, in concreto, di un utilizzo distorto dell’agevolazione in esame”.
Irrilevanza delle tempistiche
L’Agenzia, insomma, è consapevole che un contribuente potrebbe operare un frazionamento fittizio, fraudolentemente e unicamente teso ad ottenere un vantaggio fiscale maggiorato.
Il riferimento, chiaro, è al concetto di abuso del diritto. Si tratta di una fattispecie regolata dalla Legge 212/2000, art. 10-bis, che si configura quando una o più operazioni che hanno ripercussioni sul piano fiscale sono considerate prive di sostanza economica e, pur rispettando le norme vigenti, realizzano vantaggi indebiti, anche non immediati. In altre parole, sono operazioni elusive messe in atto con l’obiettivo principale di ottenere risparmi d’imposta attraverso l’utilizzo – distorto – di schemi giuridici legittimi.
Nel caso presentato dal gentile lettore, dunque, è evidente che se mai dovesse essere contestata la liceità del frazionamento, è proprio su questo punto che dovranno concentrarsi i suoi sforzi difensivi. In particolare, egli non dovrà cadere nel tranello di considerarsi salvo per il solo fatto di aver comprato l’immobile già frazionato, tramite un’operazione avvenuta prima dell’introduzione del Superbonus, e che quindi non potrebbe mai essere stata fittiziamente messa in atto al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale che neanche esisteva.
Infatti, il Superbonus è solo una “versione potenziata” di agevolazioni edilizie già esistenti (come Ecobonus e Sismabonus). Con il Decreto Rilancio, insomma, il legislatore non ha creato “dal niente” un nuovo bonus mai conosciuto prima, ma ha piuttosto modificato quelli già esistenti, richiamati dallo stesso decreto, cosicché anche un frazionamento avvenuto in epoca precedente al Superbonus potrebbe avere il fine di “accaparrarsi” illecitamente dei vantaggi fiscali.
Per quanto riguarda il fatto di non aver compiuto egli stesso il frazionamento, avendo acquistato l’immobile dopo detta operazione, è bene chiarire che nel caso in cui sia contestato un reato, gli inquirenti andranno a indagare alla ricerca di cosa è avvenuto realmente. Insomma, un frazionamento formalmente messo in atto da un soggetto potrebbe essere stato realizzato nell’interesse e su richiesta di un altro.
Ad esempio, proprio il 3 maggio scorso la Guardia di Finanza ha diffuso un comunicato stampa relativo alle indagini su una truffa Superbonus. Il caso riguarda proprio un’operazione di frazionamento posta in essere prima dell’acquisto di due immobili sui quali poi sono stati effettuati lavori agevolandoli con la maxi-detrazione. Nel comunicato, si legge che “sebbene tali pratiche amministrative (di frazionamento e di accesso al Superbonus, ndr.) non presentino alcun profilo di illegalità nel rispetto della normativa di settore contenuta nel Decreto Rilancio […], tuttavia i finanzieri accertavano la fraudolenza di tale agire”. La fraudolenza, si legge, dipende dal fatto che il frazionamento avveniva “con l’unica finalità, come le indagini hanno dimostrato, di ottenere un beneficio fiscale di gran lunga maggiore rispetto all’importo spettante”.
L’importanza della finalità e i controlli
Alla luce di quanto fino a qui evidenziato, emerge come non si possa escludere a priori che vengano sollevati dubbi sul frazionamento, operazione che potrebbe servire ad un uso distorto dei bonus edilizi e che può dunque essere vista con sospetto. Tuttavia, ciò non significa che il proprietario non abbia scampo. È stato già detto, ma vale la pena ripeterlo: il frazionamento è di per sé lecito.
Ciò su cui dovranno eventualmente concentrarsi le difese, appurato che la data del frazionamento e il soggetto che lo ha eseguito materialmente potrebbero non essere dirimenti, è allora la dimostrazione della sostanza economica sottostante a detto frazionamento. Come detto, cioè, il frazionamento prima dei lavori è consentito e non inficia la spettanza dei bonus, ma purché non rappresenti abuso del diritto, e quindi purché non sia privo di sostanza economica.
Se il frazionamento è reale ed effettivo (e una semplice perizia può dimostrarlo) nessun problema; è se questo fosse stato unicamente “cartolare” e finalizzato solo ad ottenere un maggior beneficio fiscale che sono configurabili ipotesi di reato. Per comprendere se sia questa la fattispecie, il gentile lettore dovrà tentare di “eliminare mentalmente” l’esistenza dei bonus edilizi e verificare se quel frazionamento sarebbe stato realizzato o meno, poiché è proprio questo il ragionamento “investigativo” che seguono gli inquirenti, riscontrato ripetutamente su atti di indagine nella disponibilità dello scrivente. In altre parole, è doveroso domandarsi: se non vi fosse stata la possibilità di accesso ai bonus edilizi, avrebbe avuto senso (sotto il profilo commerciale, gestionale e funzionale) dividere l’edificio in più unità?
La situazione è infatti delicata, considerato che gli inquirenti hanno a disposizione molti strumenti d’indagine, anche presuntivi, il cui impiego non può essere ipotizzato. Nel caso di truffa recentemente scoperto dalla Guardia di Finanza, ad esempio, emerge quanto siano variegati e approfonditi i controlli che gli inquirenti possono mettere in atto per verificare se il frazionamento avesse detta sostanza economica, potendo altresì concentrarsi su annunci presenti sul web. Nel citato comunicato, infatti, si legge che “subito dopo l’avvio dei lavori, veniva riscontrato che, relativamente ad uno dei due fabbricati, su alcuni portali delle più importanti agenzie immobiliari nonché su alcune piattaforme social veniva pubblicizzata la reale natura del frazionamento che non era quello di costituire un condominio e suddividerlo in unità abitative bensì realizzare un Resort Wellness & Spa di lusso”.