Sismabonus acquisti: occhio se gli edifici sono ubicati in centro
Il bonus per l’acquisto di case antisismiche spetta nel caso di demolizione di “interi edifici”. Ma se si interviene nei centri storici è facile sbagliare.
Devo comprare un appartamento in un palazzo di nuova costruzione ubicato nel centro storico della mia città, derivante dalla demolizione di un fabbricato preesistente realizzato negli anni ‘20. Il costruttore mi ha detto che ho diritto al Sismabonus acquisti, con un interessante sconto sul prezzo, ma portando un amico ingegnere a visionare il cantiere, questo mi ha fatto notare che sul perimetro sono presenti dei segni di “contatto” tra l’edificio ora demolito e quelli circostanti.
In pratica, gli edifici “si toccavano” e, in particolare, una parete perimetrale del fabbricato oggetto di demolizione coincideva con un importante muro di recinzione di un giardino di proprietà altrui, che è ovviamente rimasto in piedi. Secondo lui, dunque, non risulta rispettata la condizione della “demolizione di intero edificio”, richiesta dalle norme che regolano il bonus. Un altro tecnico, invece, mi ha detto di stare tranquillo perché da alcune vecchie fotografie l’edificio sembrerebbe autonomo.
Vorrei sapere come devo comportarmi di fronte a questi dubbi e se ho davvero diritto al Sismabonus acquisti.
L’Esperto risponde
I centri storici delle nostre città sono caratterizzati da un tessuto edilizio fitto e stratificato, risultato di trasformazioni e aggiunte avvenute nel corso dei secoli. Pertanto, quando si interviene in tali contesti è frequente imbattersi in “aggregati edilizi”, piuttosto che in “edifici isolati”.
Se l’operazione immobiliare intende beneficiare di detrazioni fiscali l’attenzione deve allora essere massima, perché in simili condizioni gli aspetti fiscali si intrecciano con quelli edilizi e con quelli di natura condominiale, comprese le rispettive normative. E ancor di più se le detrazioni in gioco sono quelle riservate agli acquirenti, particolarmente “povere” di riferimenti normativi e di prassi, e dal funzionamento particolare. A ciò si aggiunga che quando i lavori edilizi entrano nei centri storici, le problematiche all’ordine del giorno sono numerose, tra autorizzazioni preventive e gestione operativa del cantiere.
È facile, insomma, che la fase di inquadramento dell’edificio ante operam, indispensabile per accedere ai bonus fiscali, sia fatta in fretta, tralasciando dettagli “di settore”, ovvero importanti per i bonus e meno importanti ai fini delle ordinarie procedure edilizie.
Nulla di più sbagliato, perché, come detto tante volte, la fruizione dei bonus fiscali può essere disconosciuta dal Fisco anche solo sulla base di elementi presuntivi (a differenza di quanto avviene in ambito penale dove servono “prove provate”) e quindi in caso di controlli può risultare difficile controbattere, a distanza di anni, alle presunzioni dell’Agenzia delle Entrate con altre presunzioni.
Servono dunque elementi certi, vale a dire perizie realizzate preventivamente, con il preciso fine di precostituire elementi di prova finalizzati a “difendere” i requisiti di accesso ai bonus.
Un tema particolarmente attuale, considerato che l’orientamento del corrente Governo si gioca ogni giorno sulla necessità di frenare la corsa ai bonus e di recuperarne un gran numero.
Il caso esposto dal gentile lettore sembra proprio “viziato” dall’assenza di un’analisi preventiva (ante demolizione) dell’immobile preesistente e delle condizioni al contorno. E denota una certa “leggerezza” nel basare le proprie decisioni su dati presi per “sentito dire” da tecnici che sembrano passati di lì per caso.
Il concetto di edificio e di unità strutturale in ambito di Sismabonus
Quando si parla di Sismabonus (non importa se “ordinario”, “super” o “acquisti”) bisogna tenere a mente che si tratta di una agevolazione fiscale nata e finanziata con il preciso fine di ridurre il rischio sismico degli edifici e, in generale, del patrimonio edilizio. Le valutazioni, quindi, devono essere effettuate con la testa del tecnico strutturista. Infatti, è lecito aspettarsi (ed è anche auspicabile) che un domani, di fronte a un controllo fiscale e a dubbi interpretativi come quelli che attanagliano il gentile lettore, lo Stato intervenga avvalendosi di personale qualificato nella specifica materia.
Per sciogliere il nodo serve partire dalla lettura “ingegneristica” dei decreti, poi della prassi e infine bisogna tener conto anche dei pareri rilasciati dalla Commissione di Monitoraggio istituita presso il CSLLP.
Secondo il co. 1-septies dell’art. 16, del DL 63/2013, il Sismabonus acquisti spetta infatti a chi acquista un immobile dalle imprese che lo hanno realizzato «[…] mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, allo scopo di ridurne il rischio sismico […]».
La prassi fiscale, ad esempio la risposta a interpello 423/2022, nel richiamare tale norma, ribadisce che “il testuale riferimento alla demolizione e ricostruzione dell’intero edificio non può essere considerato tam quam non esset (ndr. ovvero non può essere trascurato) […]”. Quindi, il decreto e la prassi fiscale si limitano a esprimere il concetto che spetta il Sismabonus acquisti se la palazzina deriva dalla demolizione di un “intero edificio”, ma senza chiarire cosa si debba intendere per edificio e cosa per intera demolizione.
Viene allora in aiuto il CSLLP che, a più riprese, ha spiegato la ratio che sta alla base del Sismabonus. In particolare, a proposito degli interventi realizzati nei centri storici, il CSLLP ha chiarito che gli interventi devono essere sempre riferiti alle cosiddette “unità strutturali”, essendo difficile individuare o “isolare” dei veri e propri “edifici” nell’ambito del tessuto urbano.
All’interno del parere num. 4 del 2021, il CSLLP ha allora richiamato la definizione di “unità strutturale” (US) “chiaramente individuabile, secondo le NTC 2018 (§ 8.7.l), in quella porzione di aggregato che […] dovrà avere continuità da cielo a terra, per quanto riguarda il flusso dei carichi verticali e, di norma, sarà delimitata o da spazi aperti, o da giunti strutturali, o da edifici contigui strutturalmente ma, almeno tipologicamente, diversi”. Lo stesso concetto è stato poi meglio esplicitato nella Circolare 21 gennaio 2019, n. 7, secondo la quale “l’US è caratterizzata da comportamento strutturale unitario nei confronti dei carichi orizzontali e verticali per cui, nell’individuarla, si terrà conto della tipologia costruttiva e del permanere di elementi caratterizzanti, anche al fine di definire interventi coerenti con la configurazione strutturale. L’US deve comunque garantire con continuità il trasferimento dei carichi in fondazione”.
Come fare nel caso di demolizione di edifici ubicati in tessuti storici
Le indicazioni del CSLLP possono forse apparire poco chiare ai non addetti ai lavori ma, come accennato, la materia è altamente specialistica e le relative decisioni devono sempre essere approfondite con l’aiuto di tecnici esperti. Il caso in esame trova dunque una chiara risposta nel parere citato che, nel definire un’unità strutturale, afferma che essa “deve comunque garantire con continuità il trasferimento dei carichi in fondazione” e che deve “avere continuità da cielo a terra, per quanto riguarda il flusso dei carichi verticali”.
Semplificando al massimo, ne deriva che un’unità strutturale comprende necessariamente tutte le pareti, poiché esse hanno proprio l’effetto di trasferire i carichi in fondazione.
Una lettura rigorosa porta quindi a ritenere che, laddove resti in piedi anche un solo muro costituente l’involucro dell’edificio oggetto di demolizione o laddove esso sia in qualunque modo unito ad altri edifici circostanti, la condizione dettata dal decreto della “demolizione di interi edifici” possa apparire non rispettata, mettendo di conseguenza in dubbio la spettanza del Sismabonus acquisti.
Chiaramente non sappiamo chi, come, quando e, soprattutto, con quali margini di tolleranza controllerà le pratiche di edilizia agevolata, ma la prudenza è d’obbligo.