Bonus edilizi generosi
Ok al bonus anche se paga il cognato. La ristrutturazione di un immobile è agevolata anche se sostiene la spesa il coniuge, i parenti entro il terzo grado o gli affini entro il secondo, purché conviventi.
Se a pagare per i lavori è il familiare convivente, persino un cognato, la detrazione del 50% dell’art. 16 bis del Tuir (dpr 917/1986) spetta a lui, a condizione che sia nella disponibilità dell’immobile. Per provarlo non servono contratti, né che la convivenza e la disponibilità permangano per tutta la durata di fruizione del bonus. A stabilirlo è l’Agenzia delle entrate, nella circolare 17 dello scorso 26 giugno.
L’art. 16 bis del Tuir offre la possibilità di detrarre dall’imposta un importo pari al 50% delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio su parti comuni di edifici residenziali e su singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale e relative pertinenze. Il bonus, spiega l’Agenzia nella circolare, è strettamente legato al sostenimento delle spese relative ai lavori, tanto che “la detrazione spetta nel periodo in cui le spese sono sostenute” e compete “anche se il pagamento delle spese è eseguito in un periodo d’imposta antecedente a quello in cui sono iniziati i lavori o successivo a quello in cui i lavori sono completati”.
Per lo stesso motivo, l’Ade specifica che il beneficiario del bonus è chi materialmente paga i lavori, che, a determinate condizioni, ben può essere diverso dal proprietario dell’immobile. Nel dettaglio, per quanto riguarda il caso in cui le spese dei lavori siano sostenute da un familiare del proprietario, la circolare spiega che “la detrazione spetta al familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento”. Dopo aver chiarito che con familiare si intendono i soggetti a norma dell’art. 5, co. 5, del Tuir (il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado), le Entrate illustrano poi come dimostrare che sia soddisfatto il doppio requisito richiesto in capo al familiare per accedere al bonus. Egli dovrà risultare convivente e, al tempo stesso, trovarsi nella condizione di “disponibilità dell’immobile”. A tal fine, non serve che tra i parenti sia sottoscritto un contratto di comodato d’uso, essendo sufficiente che “attestino, mediante una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, di essere familiari conviventi”. Una situazione del tutto analoga a quella del Superbonus, per la spettanza del quale la circolare esprime lo stesso principio.
Sebbene detti requisiti debbano verificarsi già alla data di inizio dei lavori e perdurare al momento del sostenimento delle spese ammesse alla detrazione, “non è necessario che permangano per l’intero periodo di fruizione della detrazione stessa” (che è ripartito in 10 quote annuali). E non solo, perché il bonus ristrutturazioni al 50% non spetta solo per gli immobili che presentino il requisito di essere l’abitazione principale dei conviventi. Nel dettaglio, cioè, la detrazione è fruibile “per i costi sostenuti per gli interventi effettuati su una qualsiasi delle abitazioni in cui si esplica la convivenza, indipendentemente dall’ubicazione della stessa, purché tale immobile risulti a disposizione”. L’Agenzia, coerentemente a tale assunto, specifica così che “non è richiesto che l’immobile oggetto dell’intervento sia adibito ad abitazione principale del proprietario o del familiare convivente”.
In altre parole, quanto descritto dalle Entrate rende possibile detrarre il 50% del costo dei lavori anche se a pagarli è il cognato, ad esempio, o un bisnonno, purché convivente nel periodo appena evidenziato, e anche se a lavori ancora in corso cambia casa (sempre che abbia già sostenuto le spese), o se condivide col proprietario solo una casa di villeggiatura.