Bonus edilizi e lavori fatti male: condomìni ostaggio delle imprese
Per ottenere il “consolidamento della detrazione” occorre giungere alla fine dei lavori, ma non solo. Alcune recenti sentenze danno torto al committente
In Italia, è cosa nota, i tempi (e gli esiti) della giustizia non sempre sono a favore di chi della giustizia ha bisogno. Soprattutto se ci sono di mezzo bonus edilizi, che richiedono tempistiche certe di esecuzione dei lavori e di effettuazione dei pagamenti, il ricorso alla giustizia deve essere valutato con estrema prudenza.
Ad esempio, il Superbonus scade, nella sua versione ad aliquota massima (110%), il 30 settembre 2023 per le villette e il 31 dicembre 2023 (salvo proroghe) per i condomini, a condizione che l’assemblea abbia deliberato i lavori nel modo e nei tempi giusti. Ma sono a scadenza semi ravvicinata anche le agevolazioni ordinarie, dal sismabonus all’ecobonus, che continueranno a esistere nella loro attuale versione solo fino al 31 dicembre 2024.
Come fare dunque se ci si accorge che l’impresa lavora male? Sospendere il cantiere e avviare un contenzioso, con possibilità di aprire una causa dalle tempistiche e dall’esito incerto, oppure accettare i lavori così come sono, pur di non litigare?
Il quesito
Sono amministratore di un piccolo condominio che ha deliberato l’esecuzione di un intervento edilizio consistente nell’efficientamento energetico e nel miglioramento sismico del palazzo.
Siccome non eravamo in possesso di una delibera assembleare valida alla data del 19 novembre 2022, abbiamo deciso di dar corso ai lavori beneficiando del Superbonus con aliquota 90%, con sconto in fattura da parte di un general contractor e parziale accollo dei costi. I lavori sono stati avviati regolarmente a gennaio 2023 e, nella fase iniziale, tutto sembrava procedere regolarmente. Dopo l’emissione del primo SAL, pari al 30% dell’importo complessivo, abbiamo riscontrato che talune lavorazioni non erano eseguite a regola d’arte ed anche a seguito di vari solleciti la situazione non è migliorata.
Ora siamo incerti se ordinare la sospensione dei lavori, chiedendo il ristoro dei danni conseguenti alla inevitabile perdita dei bonus fiscali o se far finta di niente subendo, in tal caso, oltre al danno la beffa. I condòmini infatti si troverebbero a pagare, per la quota a loro carico, dei lavori non eseguiti bene, con il rischio di incorrere un domani nella revoca dei benefici per difformità dalla CILAS.
La risposta dell’esperto
La situazione in cui si trova il condominio non è semplice, e la risposta non può che basarsi, in mancanza di regole certe, su cautela e buon senso.
Da un lato bisogna infatti tener conto che le detrazioni fiscali dipendono dall’effettivo conseguimento dei “risultati”, che consistono nei lavori fatti e fatti bene, perché i bonus si consolidano con la conclusione del cantiere e con il rispetto dei progetti.
Dall’altro non bisogna dimenticare che avventurarsi in un contenzioso, giudiziale o stragiudiziale che sia, può determinare un forte rallentamento dei lavori, con conseguente possibilità di sforamento delle tempistiche.
Infine non si può non tener conto della situazione “di mercato”, che vede tuttora uno sbilanciamento tra domanda e offerta: anche qualora si optasse per una “bonaria” rescissione del contratto di appalto, non sarebbe facile trovare una ditta disposta a subentrare.
La risposta, dunque, dipende da molteplici fattori. Innanzitutto, bisogna valutare l’entità del problema, cosa che non è ben specificata nel quesito. Se, cioè, i lavori sono effettuati davvero male, ovvero in modo diverso da come descritti in progetto (materiali diversi? Non certificati? Opere che non consentono di conseguire il salto di classe sismico o energetico?), il committente non ha altra strada che tirare il freno di emergenza poiché, in caso di futuri controlli, potrebbe incorrere nella revoca delle detrazioni per mancanza di requisiti oggettivi e per violazione di norme di legge. Dovrà pertanto formalizzare le opportune contestazioni ed agire in giudizio nei termini concessi dal contratto di appalto.
Se, invece, si tratta di piccoli difetti (estetici? Organizzativi? Cantieristici?), sarà opportuno seguire la strada della diplomazia, quindi “assecondare” l’impresa e, magari, trattare il prezzo in occasione dell’ultimo SAL. O ancora, valutare di comune accordo di affidare i lavori in subappalto a un’impresa in grado di svolgerli correttamente.
In entrambi i casi sarà necessario rivolgersi a un tecnico che possa valutare con una perizia il reale stato della situazione.
Il consolidamento dei bonus edilizi
Se l’impresa, come si legge nel quesito, ha già applicato lo sconto in fattura connesso al primo SAL, la formale contestazione dei lavori, con conseguente possibilità di sospensione degli stessi e azioni di rivalsa, deve essere valutata con ancor maggiore attenzione. La giustizia infatti, in Italia, ha tempi molto lunghi: anche la procedura di urgenza (l’ATP, accertamento tecnico preventivo), può richiedere vari mesi. La variabile “tempo”, dunque, non può essere trascurata.
I crediti fiscali connessi ai bonus edilizi, infatti, spettano solo se gli interventi sono effettivamente realizzati, come chiarito da specifica risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-07055 del 17 novembre 2021 e come poi confermato dalla stessa Agenzia delle entrate in vari documenti di prassi (ad esempio si veda la risposta a interpello n. 56/2022, nonché la circolare n. 28 /2022).
Laddove il cantiere andasse in stallo il condominio non solo rischierebbe di perdere l’aliquota del 90% per i futuri lavori (valida solo per il 2023), ma rischierebbe addirittura di dover restituire l’importo già oggetto di sconto.
Se trascorrono infatti 48 mesi dalla presentazione del SAL senza che questo sia seguito da una comunicazione di fine lavori, l’ENEA è tenuta a darne notizia alle Entrate (dm 6 agosto 2020, art. 4, co. 5), che procedono al recupero in ottemperanza al principio che lega il consolidamento del bonus alla conclusione dei lavori.
Le responsabilità per la giurisprudenza
Attenzione anche a farsi illusioni sulla possibilità di chiedere all’impresa “il ristoro dei danni conseguenti alla inevitabile perdita dei bonus fiscali” (così è scritto nel quesito) poiché, pur in assenza di una giurisprudenza consolidata, i giudici sembrano ragionare in modo molto rigido. Il Tribunale di Ravenna, come abbiamo già avuto modo di approfondire [link] si è espresso con sentenza n. 230 del 23 marzo scorso, non riconoscendo al committente alcun risarcimento per il “lucro cessante” legato alla mancata fruizione di bonus edilizi a seguito di un progetto errato presentato dal geometra. Il tecnico, cioè, ha dovuto pagare solo i danni “emergenti”, nulla in merito ai bonus fiscali.
Analogamente la Corte d’appello di Novara (Sent., 24/01/2022, n. 30) ha assolto un termotecnico e un direttore dei lavori che avevano inoltrato la documentazione incompleta all’ENEA, in un certo senso determinando (secondo la visione del ricorrente) la non spettanza della detrazione per efficientamento energetico. Il costo degli interventi attestato in dichiarazione dei redditi, infatti, teneva conto dei maggiori costi effettivamente sostenuti, determinando una incongruenza tra quanto portato in detrazione e quanto asseverato all’ENEA.
La corte di Novara ha reputato cioè che il danno lamentato dal committente-ricorrente (consistente nel non aver potuto fruire del bonus) doveva essere, semmai, addebitato al commercialista (che non era stato chiamato in causa), figura preposta alla verifica della corrispondenza in dichiarazione dei redditi degli importi asseverati all’ENEA.
Poco importa, quindi, se per “colpa” dei tecnici sono stati asseverati costi inferiori a quelli sostenuti, perché una volta che la dichiarazione dei redditi è predisposta con l’indicazione della detrazione, sta al titolare del bonus (o al massimo al suo commercialista) assicurarsi della correttezza degli importi.