Superbonus 110% per sistemare le parti “a faccia vista”
Dobbiamo ammetterlo, mai come negli ultimi due anni gli italiani si sono preoccupati dello stato di salute dei loro edifici. Mai prima d’ora tante diagnosi energetiche e strutturali, mai tanti preventivi e mai tanti progetti.
È normale, perché lo Stato, con il 110%, aveva innescato (purtroppo, a seguito del decreto antifrodi n. 4/2022, bisogna parlare al passato), un meccanismo tale per cui era impensabile non preoccuparsene.
Nella sua anima “sismica” il Superbonus ha messo in luce la necessità e l’opportunità di “rinfrescare” le parti strutturali degli immobili, sia quelle “interne”, come i pilastri e le travi, normalmente ricoperte da intonaci o da rivestimenti, sia quelle a “faccia vista”, che hanno anche una valenza estetica.
Il calcestruzzo a faccia vista
È frequente, negli edifici realizzati prima della crisi energetica degli anni ’80, trovare intere porzioni realizzate in calcestruzzo a “faccia vista”, ovvero lasciato così come si presenta dopo la rimozione dei casseri in legno che si usano per il getto.
Era una tecnica molto diffusa, che consentiva di costruire rapidamente e di caratterizzare le superfici.
A volte il calcestruzzo veniva tinteggiato, altre volte era lasciato allo stato grezzo, poiché i tecnici lo assimilavano a una “pietra artificiale”, ovvero a un materiale quasi eterno, non conoscendone la durata nel tempo, che in realtà è limitata.
Tantissimi edifici presentano solette, parapetti, cornicioni, scale, pilotis, ma anche intere facciate realizzate in questo modo.
Tutto bene, anche bello, fin quando il calcestruzzo regge. Quando invece inizia a disgregarsi il copriferro, la parte superficiale di calcestruzzo che ricopre i ferri di armatura, per effetto dell’esposizione, dell’umidità o, più semplicemente, dell’invecchiamento, iniziano i problemi.
Anzitutto estetici, poiché si formano fessurazioni e distacchi. Poi si iniziano a vedere i ferri arrugginiti, dapprima in punti circoscritti e poi sempre più estesi, con conseguenti colature marroni derivanti dal dilavamento dell’ossido di ferro.
Si tratta di un campanello di allarme che non bisogna trascurare perché, con l’andare del tempo, i problemi inevitabilmente peggiorano e si possono iniziare a staccare veri e propri pezzi di calcestruzzo (in gergo “espulsioni”), che espongono il condominio a grandi responsabilità in caso di caduta di frammenti su spazi pubblici.
Se poi non si interviene il degrado può arrivare più in profondità, compromettendo la resistenza e quindi la sicurezza del manufatto o dell’intera struttura.
Le tecniche di intervento
Il calcestruzzo è un materiale molto eterogeneo, quindi non esiste una formula universale per il suo risanamento. Ogni caso va analizzato singolarmente tenendo conto dell’epoca di costruzione, della composizione chimica del materiale, dell’esposizione e di altri fattori che possono influenzarne la durabilità.
In termini del tutto generali le tecniche di intervento prevedono la rimozione delle parti ammalorate e il trattamento dei ferri di armatura con prodotti antiossidanti e, successivamente, la ricostruzione del copriferro con apposite malte protettive.
Bisogna ricordare che il calcestruzzo è soggetto a invecchiamento, con vita media dell’ordine dei 50-70 anni. Superata questa soglia è sempre opportuno prevedere un check up fatto da personale esperto, al fine di individuare eventuali carenze e intervenire in modo mirato prima che il degrado si diffonda.
Il Superbonus 110% rappresenta un’occasione importante ma, indipendentemente da esso, i lavori di manutenzione dei materiali strutturali, ove necessari, non possono essere rinviati più di tanto, per le responsabilità che incombono sul condominio e per contenere i costi di intervento.