Superbonus 110%: parti comuni e private raddoppiano il massimale di spesa?
18/12/2021 – Articolo pubblicato da lavoripubblici.it L’argomento non è nuovo, ma la risposta del Fisco ci consente di consolidare alcuni principi chiave che in alcuni casi vengono sottovalutati o non considerati a causa dei tanti elementi che occorre considerare nel…continua a leggere
18/12/2021 – Articolo pubblicato da lavoripubblici.it
L’argomento non è nuovo, ma la risposta del Fisco ci consente di consolidare alcuni principi chiave che in alcuni casi vengono sottovalutati o non considerati a causa dei tanti elementi che occorre considerare nel calcolo dei massimali.
In particolare, il caso sottoposto all’Agenzia delle Entrate è abbastanza comune e vedeva due edifici staccati facenti parte della medesima area consortile:
il primo edificio composto da due unità immobiliari residenziali di proprietà di X e Y;
il secondo edificio pertinenziale e composto da due unità immobiliari (autorimessa e cantina) di proprietà di X.
Sul merito, il Fisco ha fatto riferimento al calcolo del massimale per il sismabonus 110%, ammettendo che:
sull’edificio residenziale è applicabile un massimale di 192.000 euro (96.000 euro x 2);
sull’edificio pertinenziale si può usufruire di un massimale pari a 96.000 euro.
Da dove proviene questo massimale di spesa di 96.000 euro che l’Agenzia delle Entrate destina all’edificio pertinenziale? La risposta non è semplice. Ne ho discusso nell’articolo di lavoripubblici.it.
Sismabonus su parti comuni e parti private
Ci spieghi il motivo che ha condotto l’Agenzia delle Entrate a prevedere un massimale di 96.000 euro per l’edificio pertinenziale in questione.
Il motivo non è semplice, né da capire né da spiegare. Si tratta di un caso particolare che nasconde una regola generale. Io stesso, a una prima lettura (ma in realtà anche a una seconda), credevo di essere di fronte a un errore nella risposta dell’Agenzia delle Entrate, che invece è assolutamente corretta, oltre che ben strutturata. Il discorso ruota attorno al concetto delle “parti comuni” e al fatto che esse, ove presenti, si portano dietro un autonomo massimale di spesa, che va ad aggiungersi a quello spendibile nelle parti private delle singole unità immobiliari.
Provo a spiegare meglio, anche se in realtà è già tutto scritto dal Fisco.
La Risoluzione 03.08.2007 n. 206/E, richiamata nella Circolare 7/E del 2017 e nella Circolare 7/E del 2021, dice esplicitamente che “Le spese relative ai lavori sulle parti comuni dell’edificio, essendo oggetto di un’autonoma previsione agevolativa, devono essere considerate, dal condomino o dall’unico proprietario dell’intero edificio, in modo autonomo ai fini dell’individuazione del limite di spesa detraibile. Pertanto, nel caso in cui vengano effettuati dal medesimo contribuente, anche nello stesso edificio, sia lavori sulle parti comuni che lavori sul proprio appartamento, la detrazione spetta nei limiti di spesa precedentemente riportati, applicabili disgiuntamente per ciascun intervento”.
Questo significa che l’amministrazione finanziaria, già nel lontano 2007, aveva chiarito che sia nel caso dei condomini, sia nel caso degli unici proprietari di interi edifici composti da più unità immobiliari (cioè in tutti quelli che presentano parti comuni), si possono applicare limiti separati di spesa, anche nello stesso edificio, per i lavori sulle parti comuni e per i lavori sulle parti private.
Con le giuste maniere questo vuol dire poter fare “per due”, o quasi, che non è poco.
Attenzione però: il “raddoppio” vale esclusivamente nel caso di edifici composti da più unità immobiliari principali, ovvero per quelli che presentano “parti comuni”. A confermarlo è la Risoluzione 12.07.2007 n. 167/E, risposta 2: “Se, invece, l’edificio è costituito esclusivamente da un’unità abitativa e dalle relative pertinenze, non sono ravvisabili elementi dell’edificio qualificabili come “parti comuni” e, pertanto, non è possibile considerare un autonomo limite di spesa per ciascuna unità”.
Sempre la Circolare 7/E, richiamando altri documenti ufficiali, ribadisce questo concetto in modo ancora più chiaro: “In altri termini, la locuzione “parti comuni di edificio residenziale” deve essere considerata in senso oggettivo e non soggettivo e va riferita, dunque, alle parti comuni a più unità immobiliari e non alle parti comuni a più possessori (Circolare 11.05.1998 n. 121, paragrafo 2.6). In tal caso, pertanto, l’unico proprietario (o i comproprietari) dell’intero edificio ha diritto alla detrazione per le spese relative agli interventi realizzati sulle suddette parti comuni. Non sono, invece, ravvisabili elementi dell’edificio qualificabili come “parti comuni” quando l’edificio è costituito esclusivamente da un’unità abitativa e dalle relative pertinenze (Risoluzione 12.07.2007 n. 167/E, risposta 2)”.
Tornando alla risposta in esame, il Fisco ha giustamente evidenziato che le parti comuni dell’edificio condominiale (composto da due unità immobiliari, quella della signora X e quella della signora Y) hanno un loro plafond per interventi antisismici pari a 192.000 euro e che non rileva l’esistenza delle due unità pertinenziali esterne, nonostante siano incluse nella stessa area cortiliva. Esse infatti, non avendo parti comuni con l’edificio principale, non contribuiscono alla determinazione del limite di spesa agevolabile.
E allora, cosa succede al fabbricato pertinenziale di uso esclusivo della signora X? Per ristrutturarlo, si può attingere al plafond della corrispondente unità immobiliare interna, in virtù dell’incrocio dei principi espressi dalla Circolare 30/E/2020 p.to 4.1.1 e di quelli contenuti nella risoluzione 206/E del 03.08.2007.
Per altro, ai fini del massimale, non rileva il fatto che quel fabbricato accessorio sia composto da due unità (un garage e una cantina), in quanto il limite di spesa ad esso ascrivibile non è intrinseco, bensì deriva dall’unità residenziale. In sostanza, si tratta dello stesso plafond che la signora X avrebbe potuto spendere per rifare opere interne alla propria abitazione, ossia i 96.000 euro che si aggiungono, lo ripeto ancora, agli altri 96.000 che la stessa signora X può destinare alle opere di miglioramento sismico delle parti comuni.
Tutto questo non sarebbe stato possibile se l’edificio abitativo fosse stato composto da una sola unità immobiliare, poiché sarebbero risultate assenti le “parti comuni”, che si portano dietro un autonomo massimale di spesa, aggiuntivo al resto.
Il calcolo del massimale
Quindi da oggi cambia tutto? Il massimale per i condomini non è più 96.000*n ma 96.000*n*2?
Bisogna fare molta attenzione a non trarre facili conclusioni, che possono ingannare.
Il limite massimo di spesa agevolabile per opere da effettuare sulle parti comuni di edifici plurifamiliari o in condominio è quello che è sempre stato, ovvero 96.000*n, dove per n si intende il numero di unità immobiliari e pertinenze interne all’edificio. Questo massimale di spesa, elevato al 110%, può essere speso dai condomini o dagli unici proprietari, lo ripeto, per interventi sulle parti comuni e per le opere di manutenzione trascinate dalle prime.
A questi 96.000*n – ed è qui il passaggio che bisogna capire bene – si possono aggiungere altri n massimali, ciascuno pari a 96.000 euro, spendibili per opere private diverse da quelle sulle parti comuni e diverse anche da quelle inerenti alle opere di manutenzione correlate alle prime.
Uso un linguaggio ripetitivo per cercare di essere più chiaro possibile, perché si potrebbe fraintendere.
Esempi pratici di calcolo del massimale
Ing. Angeli potrebbe farci qualche esempio pratico un po’ diverso da quello, molto particolare, descritto nella risposta n. 806/2021?
Sono d’accordo, ragionare per esempi è sempre la cosa migliore in questa materia.
Ripartiamo dalla situazione descritta nella risposta, mettiamo da parte per un attimo la pertinenza esterna e supponiamo che alla signora proprietaria piacesse così com’è. Ipotizziamo che:
- l’edificio, composto da due unità immobiliari in condominio di proprietà dei signori X e Y, avesse avuto necessità di un intervento antisismico, consistente nel rifacimento della copertura e nel consolidamento delle fondazioni
- l’edificio avesse l’aspetto di una palazzina con unità sovrapposte, X sotto e Y sopra.
Importo dei lavori 200.000euro iva compresa.
In questo caso, l’intero intervento riguarda le parti comuni dell’edificio (fondazioni e tetto) e quindi gli 8.000 euro di differenza (200000-192000) li devono rimpinguare i proprietari, in ragione delle loro quote millesimali. A nulla valgono i massimali derivanti dalle proprietà individuali, poiché si sta operando sulle parti comuni. Tantomeno centra la pertinenza esterna.
Adesso ipotizziamo che questi 200.000 euro comprendessero anche 50.000euro di opere di ripristino interne, ad esempio riguardanti il rifacimento dei pavimenti del piano terra, demoliti per rinforzare le fondazioni. A mio avviso nemmeno in questo caso si potrebbe attingere ai massimali “privati”, perché è vero che si tratta di pavimenti interni all’appartamento di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ma è anche vero che sono opere direttamente correlate a quelle antisismiche effettuate sulle parti comuni nell’ambito del progetto unitario richiesto dalle NTC.
Quest’ultimo è un approccio prudenziale, ma trova una sua logica nei molteplici pronunciamenti dell’Agenzia delle Entrate relativi al tema del carattere assorbente dei lavori principali rispetto a quelli secondari.
A questo proposito è giusto ricordare che le responsabilità inerenti al riparto delle spese sono sempre del tecnico asseveratore, poiché mai l’Agenzia, nell’ambito dei controlli ordinari, riuscirà a entrare nel merito della provenienza e della natura delle opere. Quindi il Fisco dovrà prendere per buono ciò che i tecnici asseverano, salvo accertamenti più approfonditi.
Esiste una regola generale?
E quindi questi 96.000 euro aggiuntivi si concretizzano solo in casi simili a quello descritto nell’interpello o esiste una regola più generale?
Il caso descritto nell’interpello è un “caso di scuola”, poiché si tratta di un’opera su una pertinenza collocata in un edificio diverso da quello oggetto di interventi. Quindi non ci può essere alcuna correlazione tra i lavori svolti sulle parti comuni della palazzina e quelli di demolizione e ricostruzione della cantina accessoria. Per questo non c’è dubbio che si possono spendere per questo intervento 96.000euro aggiuntivi.
Si possono configurare tuttavia molte altre casistiche.
Ad esempio, sempre con riferimento alla bifamiliare oggetto di interpello, se il proprietario di una delle due unità avesse voluto rimettere il bagno a nuovo (intervento sicuramente sganciato dai lavori antisismici sulle parti comuni che, nell’esempio, riguardavano il tetto e le fondazioni), avrebbe potuto ripagarselo attingendo ai 96000euro relativi ai lavori sulle parti private, chiaramente con detrazione ordinaria.
Oppure, cambiando esempio, possiamo anche pensare agli edifici in linea, ovvero alle case a schiera e agli aggregati edilizi. Ne abbiamo parlato più volte, anche con l’ausilio di alcuni schemi grafici. Laddove l’edificio plurifamiliare composto da unità cielo terra permetta di identificare parti comuni (ad esempio i muri divisori tra le unità) e parti private (ad esempio i solai di interpiano), è chiaro che fa molto comodo poter disporre di un massimale destinabile alle une e di un altro, applicabile disgiuntamente, per le altre.
L’arte dell’interpello
Un’ultima domanda. Perché all’inizio ha detto che questa risposta dell’Agenzia delle Entrate “è ben strutturata”?
È scritta in maniera molto criptica, al punto che bisogna leggerla più volte per comprenderla, però una volta che si è digerita contiene vari spunti interessanti, quasi dei consigli operativi extra quesito. Non è frequente…
Ad esempio viene detto, tra le righe, che dai 96.000 euro destinati alla demolizione e ricostruzione della pertinenza devono essere sottratte le spese sostenute per l’eventuale ristrutturazione dell’abitazione: “Nel predetto limite occorre tener conto anche delle eventuali ulteriori spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui all’articolo 16-bis del Tuir effettuati sulla predetta abitazione…”
C’è un altro implicito chiarimento nella risposta: un “edificio” non può essere assimilato a una “unità edilizia”. Infatti non è stata presa minimamente in considerazione la tesi dell’istante in base alla quale le costruzioni (quella principale e quella accessoria) si sarebbero dovute valutare in maniera unitaria “collocandosi all’interno della medesima area cortiliva con una soluzione unica di continuità, non essendovi interruzioni rappresentate da strade ovvero altri edifici o costruzioni di proprietà di altri soggetti”.
Si tratta di spunti molto utili per ragionare autonomamente sulle infinite casistiche che si presentano ogni giorno, perché come abbiamo detto all’inizio, non esiste una regola universale. Ogni caso deve essere affrontato in modo asettico affidandosi a professionisti qualificati che possano comprendere l’edificio, ragionare sulla presenza di parti comuni e, di conseguenza, battezzare e calcolare i massimali di spesa.
Quanto fin qui esposto rappresenta il mio punto di vista su una risoluzione molto interessante ma non priva di aspetti nebulosi, sulla quale ciascuno dovrà maturare le proprie convinzioni professionali.